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L’ossessione del carcere per i giornalisti: nuovi emendamenti

Incapaci di liberarsi dall’ossessione delle manette per i giornalisti gli emendamenti ora fanno il giro largo e ritornano sul tavolo della commissione Giustizia alla Camera sul ddl Cybersicurezza. Le firme sono sempre le stesse: c’è Forza Italia che continua la lotta al giornalismo del suo fondatore Silvio Berlusconi e ci sono i due centri del fu terzo polo (Azione e Italia viva) che in nome del garantismo aggiungono carcere. 

Gli emendamenti sono firmati da Enrico Costa di Azione, Maria Elena Boschi di Italia viva e Tommaso Calderone di Forza Italia. I calendiani e renziani vorrebbero il carcere da sei mesi fino a tre anni per chiunque, fuori dai casi di concorso, divulghi “mediante qualsiasi mezzo” informazioni provenienti da sistema informatico conoscendone la provenienza illecita. Calderone rilancia con 8 anni di carcere per chiunque con “qualsiasi mezzo” divulghi dati sottratti da un sistema informatico. 

Nel ddl Cybersicurezza spuntano emendamenti di Forza Italia, Azione e Italia viva che prevedono fino a otto anni di carcere

Il sottosegretario Mantovano nei giorni scorsi ha precisato che il governo deve ancora ragionare sugli emendamenti proposti, provando a non fare accendere l’allarme. È però evidente che i “chiunque” citati all’interno delle proposte non siano altro che i giornalisti, con particolare riferimento ai tre giornalisti del quotidiano Domani Giovanni Tizian, Nello Trocchia, Stefano Vergine e Federico Marconi sotto inchiesta a Perugia per accesso abusivo e rivelazione di segreto coinvolti da un esposto del ministro Crosetto che ha chiesto ai magistrati di individuare le fonti.

Lo scontro tra Crosetto e Domani è nato quando il quotidiano ha accusato il neo ministro della Difesa per potenziali conflitti d’interesse tra le sue attività da consulente nel settore della difesa e il ruolo istituzionale che ricopre come ministro. Crosetto che ha lavorato a lungo con aziende che si occupano di armi, incluso Leonardo, ha annunciato la liquidazione delle sue società, decisioni considerate non sufficienti per allontanare i sospetti su alcune scelte che potrebbe fare come ministro, come hanno denunciato anche altri giornali, tra cui il Giornale con il suo direttore Alessadro Sallusti, querelato da Crosetto.

Se gli emendamenti dovessero diventare legge sarebbe la fine del giornalismo investigativo. Rimarrebbe il giornalismo come amplificatore del potere, l’unico che piace moltissimo ai politici di destra, di centrodestra e di quel centro centro che piace tanto alla destra.  

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