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Fallite le politiche migratorie, ora le vite in mare le salvano i turisti

Il governo Meloni esulta per il calo degli sbarchi di migranti sulle coste italiane ma la realtà dietro questi numeri è ben più complessa e drammatica. Mentre le statistiche ufficiali mostrano una diminuzione degli arrivi, emergono continuamente preoccupanti segnali di un aumento delle morti in mare e sulla terraferma.

Ieri al largo di Lampedusa, si è verificato l’ennesimo naufragio che ha messo in luce la gravità della situazione. Un’imbarcazione con 58 migranti a bordo, partita da Sfax in Tunisia, si è ribaltata a pochi metri dalla costa di Capo Ponente. Il tempestivo intervento di alcuni turisti su uno yacht e di alcuni lampedusani ha permesso di salvare 55 persone, mentre tre risultano ancora disperse. Salvati dai turisti, mica dallo Stato. 

Una drammatica realtà dietro i numeri

È solo l’ultimo episodio che racconta come dietro il presunto successo delle politiche di contenimento degli sbarchi la tragedia umanitaria nel Mediterraneo continui a consumarsi quotidianamente. I migranti, provenienti da paesi come Camerun, Guinea, Liberia, Mali, Senegal e Sierra Leone, rischiano la vita pagando somme ingenti (fino a 3.000 dinari a testa) per tentare la traversata verso l’Europa. Il governo italiano di fronte a queste tragedie è immobile delegando di fatto i soccorsi a turisti e cittadini.

Ma il dramma non si esaurisce con gli sbarchi. Secondo recenti inchieste la collaborazione tra Italia, Unione europea e paesi come la Tunisia sta portando a una situazione allarmante. L’accordo siglato nel giugno 2023 tra Ue e Tunisia, che prevedeva lo stanziamento di 100 milioni di euro per operazioni di “ricerca e soccorso”, “gestione delle frontiere” e “lotta contro il traffico di esseri umani” sta mostrando il suo lato oscuro.

Già nell’agosto dell’anno scorso l’Ufficio delle Nazioni Unite per i diritti umani (Unhcr) sollevava dubbi sulla possibilità che tale accordo potesse facilitare violazioni dei diritti umani a danno dei migranti, soprattutto quelli provenienti dall’Africa sub-sahariana. Le politiche repressive del presidente tunisino Kais Saied nei confronti dei migranti neri hanno infatti acuito le tensioni e le violenze. Nonostante queste denunce, l’Ue sembra chiudere un occhio, puntando a esternalizzare il confine meridionale dell’Europa all’Africa. Si prevede addirittura di inviare alla Tunisia più denaro di quanto ammesso pubblicamente.

Migranti: numeri in calo e respingimenti illegittimi

Il risultato di queste politiche è un calo degli sbarchi in Italia a un prezzo umano inaccettabile. La guardia nazionale marittima della Tunisia, utilizzando motovedette fornite dall’Europa, ha impedito a più di 50mila persone di attraversare il Mediterraneo. Ma queste persone non scompaiono: vengono respinte illegalmente, abbandonate nel deserto al confine con l’Algeria, o subiscono violenze e abusi.

In questo contesto, emerge un paradosso: mentre si cerca di impedire l’arrivo dei migranti, coloro che riescono a raggiungere l’Italia mostrano una forte volontà di integrazione e di contributo alla società.

Migranti, il sondaggio UInhcr/Lumsa

Un questionario condotto dall’Unhcr in collaborazione con l’Università Lumsa rivela che la maggioranza dei rifugiati e richiedenti asilo iscritti nelle università italiane desidera integrarsi nel tessuto lavorativo del paese. Il 35% degli intervistati aspira a lavorare in Italia dopo la laurea, mentre il 26% vorrebbe conciliare lo studio con un’attività professionale. Questi dati sfatano il mito del migrante come “peso” per la società, mostrando invece una forte volontà di contribuire attivamente all’economia e alla società italiana.

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