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Non serve l’intervento della magistratura, CasaPound si può sciogliere per decreto

Dice il deputato di Fratelli d’Italia Giovanni Donzelli che solo la magistratura ha il potere di sciogliere movimenti neofascisti come CasaPound. La tesi è stata illustrata qualche giorno fa in un’intervista con La Stampa, nella quale Donzelli ha condannato l’aggressione a un giornalista della testata torinese da parte di militanti di estrema destra ma ha insistito che la politica non dovrebbe intervenire nello scioglimento di tali organizzazioni, rispettando la separazione dei poteri e mantenendo l’Italia come uno Stato di diritto. Ieri anche il leader di Forza Italia e ministro, Antonio Tajani, ha in sostanza ribadito il concetto: “Spetta alla magistratura e al legislatore. C’è una legge che prevede che ci debba essere una sentenza della magistratura”, ha detto il vicepremier.

Caso CasaPound, il potere esecutivo nello scioglimento di organizzazioni neofasciste

Peccato che le cose non stiano così. Come spiega Pagella Politica la legge italiana prevede che, in casi straordinari di necessità e urgenza, il governo può sciogliere organizzazioni di stampo fascista senza attendere una sentenza della magistratura. Questo potere è conferito dal decreto-legge, uno strumento che permette al governo di agire immediatamente, con l’obbligo di ottenere poi la conversione in legge da parte del Parlamento entro 60 giorni.

La “legge Scelba” del 1952 disciplina nel dettaglio il divieto di riorganizzazione del disciolto partito fascista, punendo chiunque esalti pubblicamente i principi del fascismo. Essa consente al governo di intervenire direttamente per sciogliere movimenti che promuovono la violenza come metodo di lotta politica e che si riconoscono nei valori fascisti, purché vi sia una chiara ed evidente necessità urgente.

Donzelli comodamente ignora queste disposizioni spostando la responsabilità esclusivamente sulla magistratura e minimizzando il ruolo attivo che il governo potrebbe avere. È l’ennesimo indizio sulla reale volontà politica di Fratelli d’Italia e dell’esecutivo Meloni di contrastare efficacemente le organizzazioni neofasciste come CasaPound.

La contraddizione di Donzelli e la volontà politica del governo

Il caso recente di Forza Nuova, i cui vertici sono stati condannati per l’assalto alla sede della CGIL a Roma, rappresenta un esempio significativo. Nonostante la gravità dei fatti il governo non ha adottato misure drastiche per sciogliere il movimento, evidenziando una mancata azione che va oltre il mero rispetto delle procedure legali, configurandosi come una chiara scelta politica.

In passato, altri governi italiani hanno utilizzato il loro potere per sciogliere organizzazioni neofasciste. Nel 1973, il ministro dell’Interno Paolo Emilio Taviani decretò lo scioglimento di Ordine Nuovo; nel 1976, Francesco Cossiga fece lo stesso con Avanguardia Nazionale; e nel 2000, il ministro Enzo Bianco sciolse il Fronte Nazionale. Questione di volontà politica. 

La reticenza di autorevoli esponenti della maggioranza a riconoscere le possibilità di intervento governativo, quindi, non sembra essere una questione di semplice carattere tecnico. Se lo scopo era quello di giustificare l’inazione politica del governo si può tranquillamente dire che la missione è fallita. Ignorare il potere dell’esecutivo di sciogliere organizzazioni pericolose come CasaPound, in nome di una supposta separazione dei poteri, ha l’aria di essere più uno scarico di responsabilità che una posizione basata su principi oggettivi.

La realtà, confermata da esperti, come il professor Ugo Adamo, è che l’intervento è possibile e dipende solo dalla volontà politica di chi governa. Quindi, se CasaPound continua a esistere, la responsabilità ricade interamente su chi ha il potere, ma non la volontà, di esercitarlo.

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