Un gran reportage proposto da Repubblica, bel giornalismo:
Prima di metterci in viaggio per l’Iraq settentrionale il dottor Azar Mirkhan si cambia, smettendo gli abiti occidentali e indossando il vestito tradizionale del combattente peshmerga curdo: un gilet di lana corto e aderente sulla camicia, pantaloni abbondanti e larga fascia di seta annodata in vita, a mo’ di cintura. Ha anche pensato di portare con sé qualche accessorio, tra cui un coltello da combattimento nascosto nella cintola, un binocolo e una 45 semiautomatica. Per le situazioni più delicate, un fucile d’assalto M-4 adagiato a portata di mano sul sedile posteriore, accanto ad alcuni caricatori extra. Il dottore alza le spalle. “È una brutta zona”.
Quel giorno di maggio del 2015 la nostra destinazione era il luogo del più grande dolore per Azar, un dolore che ancora lo tormenta. L’anno prima i guerrieri dell’Is si erano aperti un varco attraverso l’Iraq settentrionale, spazzando via un esercito iracheno molto più consistente, per poi rivolgere la loro attenzione ai curdi. Azar aveva previsto esattamente dove gli assassini dell’Is erano in procinto di colpire, sapeva che decine di migliaia di civili inermi si trovavano sul loro percorso, ma nessuno aveva ascoltato i suoi avvertimenti. Disperato, aveva caricato le armi sulla sua auto ed era corso nella zona, solo per apprendere a un posto di controllo che era arrivato qualche ora troppo tardi. “Era evidente, evidentissimo”, dice Azar, “ma nessuno mi ha ascoltato “. Quel giorno stavamo tornando nel luogo dove i leggendari guerrieri curdi dell’Iraq del nord sono stati aggirati e messi in fuga, dove il dottor Azar Mirkhan non è riuscito a evitare una immane tragedia; e dove, per molti mesi a venire, avrebbe continuato a combattere l’Is.
Azar è un urologo, ma anche senza le armi e la tenuta da guerriero questo quarantunenne sprigionerebbe un’aura da cacciatore. Cammina con una curiosa andatura a grandi falcate che fa poco rumore e parlando continua a toccarsi il mento e tende a fissarti da sotto le palpebre abbassate, come se stesse prendendo la mira. Con il suo naso pronunciato e la capigliatura nera corvina mostra una vaga somiglianza con un giovane Johnny Cash. Le armi completano la filosofia personale del dottore, espressa in una scena di uno dei suoi film preferiti, Il buono, il brutto e il cattivo, dove Eli Wallach è colto di sorpresa mentre sta facendo il bagno da un uomo intenzionato a ucciderlo. Prima di ucciderlo, il killer si concede un trionfale soliloquio, permettendo a Wallach di fare fuoco prima. “Quando devi sparare, spara, non parlare”, cita Azar da quel film. “Noi curdi lo sappiamo bene. Non è il tempo di parlare, ma di sparare”.
(trovate tutto qui)