C’è chi dice no – Attivisti antimafia
In scena Giulio Cavalli ha sempre il dito puntato contro mafiosi e conniventi. Di tutte le regioni.
A 100 passi dal duomo parlare di cosa nostra è un tabù, eppure è qui che si sono consumati, in meno di 10 anni, dal 1974 al 1983, oltre 100 sequestri a scopo di estorsione. A Milano in pochi hanno capito che la cintura di Comuni intorno alle città è diventata la patria ufficiale del confino delle mafie, la coltre di silenzio ideale per coprire “l’omicidio di Giorgio Ambrosoli, Sindona, i retroscena di Raul Gardini, di Calvi e dell’Expo”. A raccontarli è un “giullare” sotto scorta, Giulio Cavalli, direttore artistico del teatro Nebiolo di Tavazzano, in provincia di Lodi, che si è sempre occupato di temi scomodi, al punto da essere minacciato dalla mafia: sin da “Linate 8 ottobre 2001”, racconto che svela molti punti oscuri dell’incidente aereo che causò 118 morti, “Bambini a dondolo”, sul turismo sessuale infantile, e “Do ut Des”, show che ridicolizza i boss prodotto con il Comune di Gela.
Il suo ultimo spettacolo “A 100 passi dal Duomo” (le tappe del tour sono su teatronline.com), scritto in collaborazione con il giornalista Gianni Barbacetto, si concentra sulla presenza delle famiglie mafiose al Nord. Insofferente alle etichette, soprattutto a quella di “teatro civile”, Cavalli ha intrapreso una lotta contro “la presunzione ebete di Milano che fa la bella addormentata. A livello di antimafia qui siamo ancora all’anno zero –spiega-. La Lombardia non vuole ammettere a se stessa di essere stata vittima di una cosa così barbara e vile come la mafia, che è siciliana”.
Anche la politica sembra miope. “Qualche deputato della Lega ha sostenuto che se decido di andare in Sicilia a farmi sparare non è un problema della Lombardia – aggiunge Cavalli -. Si dice spesso che la mafia al Nord è liquida e sotterranea, ma siamo noi che abbiamo lasciato le porte aperte negli appalti e nella cultura e non rimarremo impuniti”.
La capitale, morale, secondo l’attore, reagisce “con un’omertà più fine. L’indifferenza educata dei suoi abitanti equivale alle finestre chiuse di Cinisi (PA). Sono convinti che il pizzo sia un taglieggiamento per questioni siciliane e rifiutano ogni discorso sulle possibili complicità”.
Antonella Lombardi