Sessantanovesimo posto, a pari demerito con Ghana e Macedonia.
E’ la posizione occupata dall’Italia – con “un aggravamento progressivo” negli ultimi anni – nella classifica della corruzione percepita stilata da “Transparency International”.
E’ uno dei dati contenuti nel Rapporto sulla corruzione realizzato dalla Commissione sulla prevenzione del fenomeno corruttivo presieduta dal consigliere Roberto Garofoli. Il “Corruption Perception Index” (CPI) del nostro Paese “si è attestato a 3.9 contro il 6.9 della media Ocse, su una scala da 1 a 10, dove 10 individua l’assenza di corruzione”.
In particolare, per il biennio 2010-2011 i cittadini italiani ritengono che il “primato” spetti alla corruzione politica, seguita da quella del settore privato e della pubblica amministrazione.
Un altro parametro, l'”Excess Perceived Corruption Index” (EPCI), formulato nell’ambito del Progetto integrità della Scuola superiore della pubblica amministrazione, misura quanto un Paese si discosta dai valori di corruzione attesi: l’Italia figura al penultimo posto nella classifica formata dai Paesi considerati da Transparency International, “battuta” solo dalla Grecia.
Anche il “Rating of control of corruption” della banca mondiale colloca il nostro Paese agli ultimi posti in Europa, con un trend decisamente negativo negli ultimi anni. L’indice RCC va da 0 a 100, dove 100 indica l’assenza di corruzione: l’Italia è passata dal valore 82, rilevato nel 2000, ad un indice pari a 59 per il 2009.
(da HP)
Un sistema corruttibile governato da corrotti e corruttori. Se dobbiamo ripensare la Lombardia (e l’Italia intera) non possiamo scavalcare la questione dello spessore morale e etico della classe dirigente e non possiamo non pensare al fallimento politico di questi anni. Servono buone leggi, certo, ma serve soprattutto la “candidabilità” degli atteggiamenti, altrimenti non usciamo da questo pantano.