Già, la legge è uguale per tutti. Il procuratore l’ha ripetuto più volte durante la conferenza stampa che si è tenuta stamattina al centro operativo della Direzione investigativa antimafia di Reggio Calabria. «Se in un’inchiesta emergono gli invisibili, questi avranno lo stesso trattamento di tutti gli altri». Così è finito nella rete l’ex ministro Claudio Scajola. «Fa impressione il fatto che una persona, in passato con ruoli di vertici nello Stato, si occupi di un condannato per reati di mafia. Queste condotte hanno delle ripercussioni sulla cittadinanza, che non sa più di chi fidarsi. Il cittadino nel momento in cui esprime il proprio voto cerca rappresentanti che curino l’interesse generale. Invece capita di scontrarsi con una realtà ben diversa: i principi etici non sono rispettati da tutti. Il che ha delle conseguenza sulla credibilità dello Stato. Il nostro compito è dare segnali di certezza. Evitare, cioè, la confusione tra bene e male, tra legale e illegale. Una commistione che in questa città è molto forte. Abbiamo un dovere di responsabilità soprattutto nei confronti di quanti per lo Stato hanno dato la vita. Il rispetto delle leggi deve affiancarsi al valore dei comportamenti etici».
Il procuratore De Raho è approdato a Reggio Calabria dopo tantissimi anni nella trincea napoletana a combattere il Clan dei Casalesi. Mentre i boss di Gomorra stanno pagando a caro presso i loro crimini. Non è lo stesso in Calabria. «Qui nulla è cambiato. Le cose sono rimaste le stesse nonostante i processi e le condanne. Le cosche che dominavano un tempo sono sovrane ancora oggi. Il motivo è da ricercare in quella rete segreta che ha permesso alla ‘ndrangheta di crescere e di indossare gli abiti dei professionisti». Insomma, le complicità della «società incivile» – così il procuratore ha definito gli insospettabili al servizio dei clan – sono la vera forza della mafia calabrese.
Giovanni Tizian per L’Espresso.