I giovani. Ne hanno parlato tutti, ricordate durante le primarie e mentre cresceva l’astro di Matteo Renzi? Giovani dappertutto, pareva di essere nell’ultima scena di un’apocalisse generazionale in cui il merito e la freschezza avrebbero vinto su tutto. Se c’è stato un politico che ha parlato di giovani è l’attuale Presidente del Consiglio. Eppure i giovani, in Italia, sono una minoranza rumorosa che le statistiche continuano a vedere in numerico declino, generazioni contate in termini di produttività e di previdenza prevista o che farciscono gli allarmi occupazionali. Sui giovani oggi scrive bene Michela Murgia che ci invita a pensarci tornando un po’ più umani, come piace a noi:
Un paese incapace di mettere in relazione la scuola propria delle istituzioni con la scuola impropria dei saperi e dei valori sociali può sviluppare al massimo le reti del familismo amorale, quello dove le risorse e le regole sono messe a servizio dei miei figli, privilegiati senza merito di cui non a caso sono pieni i luoghi di comando d’Italia, a qualunque livello.
Gli incubatori d’impresa sono importanti e se ne parla tanto e giustamente, ma non ci bastano: non esistono solo le imprese. Prima delle imprese ci sono le persone, che vanno messe in grado di progettarsi. Prima dello start up, c’è il live-up. Ci occorrono incubatori di cuori, di anime, di speranze, di coraggio, luoghi in cui possano essere trasmessi quei saperi non produttivi che fanno di noi persone libere, cittadini responsabili e consapevoli. La sfida dei vecchi di oggi è trovare modi liberi per mettersi a servizio degli adulti di domani.
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