Avrei voluto scrivere di questo brutto gesto di strappare il libro di Salvini. Poi mi sono detto che così avrei alimentato anch’io la pubblicità di sponda. E mentre cercavo le parole alla fine Luca Sofri l’ha scritto meglio di me. Vale la pena leggere lui:
«Mentre formulavo per l’ennesima volta il pensiero “guarda ‘sti cretini, che pensano di combatterlo e fanno il suo gioco”, immaginando di scrivere anch’io sul video di quelli che hanno distrutto il libro di Matteo Salvini, mi sono fermato a chiedermi: ma questa cosa di non dire “vergogna!” – che sappiamo che non funziona con questi – e invece sottolineare l’inefficacia e anzi la controproducenza (sic) dicendo “che stupidi, Salvini sarà contento”, quante volte l’abbiamo già fatta in casi simili? Ed è mai servita a qualcosa? E per quanto stupidi siano, pensiamo forse che una cosa così ovvia sia per loro così impensabile?
Come ha detto oggi un mio amico, questa è una partita “win-win” per entrambe le parti: vincono tutti e due. I fessi dei libri strappati sono a loro volta contenti della stessa esistenza di uno come Salvini e del fatto che si manifesti, di persona o via libro. Li legittima, dà loro un senso, permette di costruire teorie ed esistenze. Se esce un libro di Salvini, o se Salvini passa dalle loro parti, gli balena un lampo di eccitazione felice nelle pupille, non di indignazione e preoccupazione: “you made my day!”. Della pubblicità gratuita che hanno generato per il libro di Salvini (primo, oggi: in Rizzoli farebbero i trenini, se non avessero altri pensieri) non si rammaricano per niente, anzi: hanno generato pubblicità per se stessi e soprattutto attenzione sulla loro presunta contesa con Salvini. Chi vince non è importante, e Salvini è un alleato non un nemico: come nel wrestling, in cui l’obiettivo non è vincere ma attirare l’attenzione del pubblico e coinvolgerlo, e l’altro è un comprimario, simile, complice.
Già, mi sono chiesto: ma se entrambi vincono, che problema c’è, chi perde? (sono suddito di un meccanismo mentale per cui tutto debba essere a somma zero, sempre).
Perdo io, mi sono detto. Perdiamo noialtri che non siamo quella cosa lì. Non è “sinistra contro destra”, è fanatismo violento e buzzurro contro misura, ragione e intelligenza. È ideologia radicale contro dubbio. Eccetera. Quando si picchiano sul ring Salvini e antisalviniani, la gran parte di noi non va da un’altra parte a fare cose migliori, ma si avvicina al ring e decide con chi stare, partecipando allo spettacolo costruito apposta: persino quando decidiamo di stare – stavolta – contro gli antisalviniani pur essendo noi stessi antisalviniani. Ci siamo fatti fregare un’altra volta: siamo nel circo. Stiamo pagando noi quello che Salvini e antisalviniani, sul palco, stanno incassando.
Anche con questo post? Sì, certo: con l’attenuante di provare a essere di insegnamento – almeno per me stesso – in futuro.»
(continua qui)