E ora? Assisto a scene indimenticabili. E ora? mi chiede qualcuno, altri me lo scrivono. E ora? Ora ci si arrampica sulla cima più bella e ossigenata della politica: il programma. Che, se ci pensate bene, il programma è andato fuori moda in contemporanea all’abitudine dell’uomo solo al comando. Si vota Grillo, si vota Renzi, si vota la Meloni, si vota Silvio; provate a sperimentare quanta gente conosce il nome del partito che rappresentano e rimarrete esterrefatti. Il programma invece va letto e soprattutto va scritto. E rimane. Nessuna delega in bianco all’uomo della provvidenza: è lo streaming definitivo, il programma politico.
E quindi a chi mi chiede “e ora?” posso raccontare cosa ci siamo messi in testa di fare noi che alla provvidenza ci crediamo davvero poco ma che siamo convinti che sia arrivato il tempo di prendere il biglietto verso #giornimigliori. Come abbiamo scritto qui:
«Scriverlo, sembra banale, ma i programmi di governo, con i numeri a fianco, non li scrive più nessuno. Sono riusciti a fare addirittura tre governi in una sola legislatura, senza esplicitare se non a grandi linee (e a larghe intese) cosa avrebbero fatto e come. Anche Gentiloni non si sottrae alla regola, in un racconto fumoso, in cui in tono gentile si dicono le stesse cose che prima si dicevano in tono monumentale.
Invece, come diceva quella canzone, «bisogna solo scrivere e lottare».
Possibile prosegue il proprio lavoro, alla ricerca del testo più preciso e condiviso possibile, appunto.
Lo farà a partire da un’anagrafe delle competenze, a cui potete partecipare immediatamente, segnalandoci la vostra qualifica (non solo il titolo di studio, ciò che avete imparato a fare) e segnalando soprattutto la vostra disponibilità a partecipare al nostro progetto.»
Una ricognizione di talenti e di intelligenze. Ecco. Una cosa così. E basta andare qui per rendersi disponibili.
E poi c’è la questione della sinistra unita. Insieme a quelli che chiedono “e ora?” ci sono quelli che insistono con il “con chi?”. Tra l’altro l’inverno sembra promettere un’ondata di convegnite senza pari (ne scrive Paolo qui). Lo continuiamo a dire (qui, qui, solo per fare un esempio): ci si allea con chi condivide la stessa idea di Paese possibile. Mi pare così semplice. E la nostra idea di Paese possibile è incompatibile con gli atti di questo governo (sul lavoro, sulla scuola, sulle disuguaglianze) e con chi aspira a esserne la stampella a sinistra. Questione di scelte: c’è chi (con tutto il nostro rispetto, eh) cerca di cambiare il PD e chi cerca di cambiare il Paese: in questo momento ci sono processi politici, anche a sinistra, che stanno sciogliendo questo nodo. E noi non abbiamo tempo di aspettare. È chiaro così?