Ne scrive Lirio Abbate:
Racconto su L’Espresso in edicola oggi, una serie di episodi che sono accaduti negli ultimi anni in cui il 41 bis viene aggirato, stravolto, e a nulla valgono le regole imposte dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria e dai direttori delle carceri.
E così i capimafia detenuti in base alla speciale norma penitenziaria del 41 bis, dal 2009 ad oggi vengono sempre più spesso accompagnati a casa. In questo modo possono riabbracciare parenti e familiari, grazie ad uno speciale permesso che viene accordato dal magistrato di Sorveglianza il quale accoglie le richieste del detenuto. Non ci sono vetri divisori o stanze isolate come previsto dal 41 bis. Il boss lascia per alcune ore il carcere di massima sicurezza per andare a casa. E qui inizia il viavai. Come in una processione.
Non basta la nutrita scorta della polizia penitenziaria per tenere lontani curiosi e compari, il boss è a casa sua, e qui è il padrone. E da padrone si comporta. Il segnale è stato lanciato, il padrino per la gente del suo paese è tornato. E quello che dopo le stragi si voleva tentare di contrastare, oggi sembra restare forte solo sulla carta.
Perché i mafiosi a forza di carte bollate e istanze ben motivate possono ottenere lo stravolgimento del 41 bis, il regime carcerario da sempre contrastato dalle mafie – perché ne hanno paura – diventato per legge molto rigido nel 2009. E così a venticinque anni dalle stragi tornano le commemorazioni, gli omaggi, i riti laici e religiosi.
L’insegnamento di Falcone e Borsellino nella lotta alla mafia viene sempre più disatteso e tradito a colpi di carte bollate e timbri, ma solo in pochi sembrano accorgersene. Gli altri guardano alla luna.
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