Un pezzo preziosissimo di Guido Olimpio per La Lettura- Corriere della Sera:
Tre storie diverse, tre luoghi diversi. Un solo filo: la droga. Prima settimana d’agosto, Candelilla del Mar, municipio di Tumaco, Colombia, al confine con l’Ecuador. Un rastrellamento militare porta al sequestro di un battello semi-sommergibile. Lungo 17 metri, largo quasi quattro, spinto da motori diesel, probabile meta le coste centro-americane.
Costo di costruzione – artigianale – di circa un milione di dollari. Ai trafficanti, pronti a inzepparlo di coca, rende dieci volte tanto. La merce, con un giro tortuoso e complesso, è destinata all’ insaziabile mercato statunitense. I «narco-sub», come sono stati ribattezzati questi «vascelli», sono solo una delle componenti di un network poderoso.
Fine giugno, costa atlantica francese a ovest di Bordeaux. Una segnalazione al servizio salvataggi comunica che ci sono due gommoni in difficoltà. Partono i soccorsi e una successiva telefonata avvisa che su una spiaggia sono stati visti dei 4×4 vicino a due imbarcazioni appena sbucate dal mare in tempesta.
La facciamo breve: la polizia scopre oltre una tonnellata e mezza di coca, arresta una banda multinazionale composta da greci e moldavi. Il carico è arrivato con una barca a vela partita dal Sudamerica. I magistrati non nascondono la sorpresa per la veloce assistenza legale assicurata agli arrestati da avvocati di lingua greca. Una prova dell’ efficienza della gang.
Primi giorni d’ agosto, porto di Manzanillo, regione del Pacifico, Messico. I marines, con due operazioni distinte, sequestrano 18 tonnellate di precursori chimici. Le sostanze sono giunte nello scalo a bordo di cargo provenienti dalla Cina. Non è proprio una sorpresa. I prodotti sono indispensabili per la produzione di anfetamine, «pillole blu» che sono lavorate e spedite negli Stati Uniti dai cartelli. Infatti le organizzazioni si contendono il controllo dei porti. E in questo caso è evidente come i fornitori siano lontani: i cinesi e, anche, gli indiani.
Chi controlla le porte dingresso può gestire meglio i suoi affari. È una piovra mostruosa. Tagli un tentacolo e ne nasce un altro.
Gli ultimi rapporti affermano che il traffico della droga ha reso nel 2016 tra i 426 e i 652 miliardi di dollari (stima del Global Financial Integrity). Nel dettaglio: la cannabis tra 183 e 287; la coca tra 94 e 143. La Colombia, nonostante gli sforzi massicci, ha visto crescere, nel 2016, la produzione di cocaina: 866 tonnellate contro le 649 del 2015. Ed è incalzata dal Perù, Paese specializzato – come altri – non solo nella «crescita», ma anche nell’ export con una serie incredibile di piste in terra usate da piccoli velivoli, a volte rubati, a volte comprati e affidati a una pattuglia di piloti spericolati. Stesso fenomeno in alcune aree dell’ Argentina e poi nel «solito» Messico.
La Baja California messicana, a sud della famosa Ensenada, è come un aeroporto naturale. Le «strisce» costruite in modo rudimentale diventano un trampolino d’ appoggio per le partite di marijuana, trasferite poi a bordo di Tir o pick up che risalgono fino alla frontiera con gli Usa. In alcune situazioni i banditi piazzano le mattonelle a bordo di altri piccoli aerei.
Dai Piper da turismo agli ultra-leggeri, fino ad arrivare a deltaplani a motore. Atterrano clandestinamente in prati americani. In alternativa «bombardano», ossia sganciano la droga in località stabilite di Arizona e California – con l’ aiuto di dati Gps e riferimenti geografici – e poi tornano indietro. Missione facile, ma anche ad alto rischio.
Qualche volta si schiantano e la possibilità di rimetterci la pelle è alta. Ai committenti importa poco. Con i numeri che abbiamo citato si comprende il motivo. La materia prima non manca, come i clienti. Avendo tanti soldi a disposizione è altrettanto rapido trovare chi si prende tutti i rischi. Legge «economica» che troviamo in Afghanistan e in certi quadranti africani.
È evidente come spesso l’ elemento narco si mescoli alla politica. Formazioni guerrigliere diluiscono o dimenticano l’ ideologia, rimpiazzandola con il crimine puro. Pensiamo alle Farc in Colombia, agli irriducibili di Sendero Luminoso in Perù. Si adattano, mutano le priorità, spingono sul contrabbando. Proprio gli insorti colombiani hanno avuto un ruolo nello sviluppo dei cosiddetti semi-sommergibili.
L’ onda lunga è devastante, porta il veleno e restituisce relitti. Il boom di eroina in alcune città americane ha conquistato le pagine dei grandi media e spinto molti a lanciare l’ allarme sulle conseguenze. Nel Sud della Francia la lotta tra «famiglie» rivali per il controllo dello spaccio è feroce. Tante le vittime, falciate a colpi di Kalashnikov. Il 3 luglio un episodio su tutti.
Un giovane, con precedenti per vicende legate agli stupefacenti, è assassinato in una via di Tolosa. Il killer lo ha sorpreso usando una tecnica irachena: indossava un burqa sotto il quale ha nascosto volto e mitra. La vittima ha cercato di fuggire, il sicario lo ha inseguito e ha aperto il fuoco. Trenta i proiettili.
Storia che ricorda un’ altra, con alcuni ceceni sorpresi da un agguato nel luglio di un anno fa. E Tolosa non è da sola. A Marsiglia va pure peggio, con regolamenti di conti continui, simili a quelli visti in queste settimane a Foggia e nei mesi scorsi in Canada, dove agiscono storicamente alcuni padrini italiani, sbarcati qui da Sicilia e Calabria. Odio antico si è sommato a dispute recenti che hanno tramutato tranquilli quartieri di Montréal in terreni di caccia. In tanti hanno fatto una brutta fine, in particolare esponenti del clan Rizzuto.
È un’ emergenza globale. I boss non vogliono perdere tempo e denaro, investono risorse immense in altri settori, perfettamente legali. Se ti metti in mezzo, ti spianano. Per questo c’ è poca differenza tra un barrio sudamericano e un quartiere difficile europeo.
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La droga accorcia le distanze e le vite..