Si chiama Csanad Szegedi, ungherese, ed è stato parlamentare europeo. In Ungheria era molto famoso perché per anni è stato l’uomo di punta del partito di estrema destra Jobbik. I suoi commenti antisemiti hanno riempito per anni le pagine dei giornali nazionali. Ce l’aveva con gli stranieri ma, soprattutto, con gli ebrei: li accusava di “comprarsi il Paese”, di distruggere l’identità nazionale e di dissacrare la storia dell’Ungheria. Ha iniziato a fare politica nel 2007 fondando la Guardia ungherese, un partito di estrema destra dalle uniformi nere e dalle bandiere a strisce che ricordavano la croce frecciata usata negli anni Trenta dal partito fascista ungherese, responsabile di aver sterminato 550 mila ebrei ungheresi durante l’Olocausto. Nel 2009 la Guardia ungherese viene dichiarata illegale dai tribunali, pensa te e Szegedi ha deciso allora di iscriversi a Jobbik, diventandone l’esponente di punta. Il colpo di teatro di questa storia accade nel 2010: Szegedi incontra Zoltan Ambrus, un pregiudicato per detenzione di armi e esplosivi. Uno di quegli incontri che si svolgono nella semioscurità, di cui nessuno ne saprebbe nulla. Ambrus ha in tasca un registratore, nascosto, e dice a Szegedi di avere le prove della sua origine ebraica. Immaginate la scena: un uomo che ha costruito il proprio successo sull’odio verso qualcuno che viene a sapere di essere quel qualcuno. Quella cosa lì. E come reagisce il difensore dei calori ungheresi? Sembra un film: Szegedi offre a Ambrus dei soldi per stare zitto. Ma mica dei soldi suoi, figurati: racconta di avere a disposizione alcuni fondi europei e ci aggiunge anche la promessa di un lavoro. Così. Solo che quell’altro ha registrato tutto. A questo punto Szegedi sprofonda nella confusione. Prova a sparire per un po’, ma non funziona. Poi abbozza una difesa, ma niente. Alla fine confessa. Viene cacciato dal suo partito ma non si dimette dal Parlamento europeo. Ma non è finita, no. Szegedi inizia a rispettare lo shabbat, frequenta la sinagoga, impara l’ebraico per leggere il Talmud e cerca di rispettare le 613 regole che gli prescrive la religione. Anche se “non ci riesco sempre”, spiega, in particolare per quanto riguarda la cucina kosher, un trauma per una persona abituata alla cucina ungherese. Qualcuno gli fa notare che forse sarebbe il caso di chiedere scusa agli ebrei, anche, e lui risponde così: “Ma come mi dovrei scusare del fatto che metà della mia famiglia è morta ad Auschwitz?”. Già. La morale l’ha scritta il più autorevole sito d’informazione ungherese, index.hu: “La morale di questa storia è che la stupidità non è legata al patrimonio genetico”.
(dallo spettacolo Sono tutti uguali)
Buon venerdì.
L’articolo Dell’idiozia proviene da Left.
Il mio #buongiorno lo potete leggere dal lunedì al venerdì tutte le mattine su Left – l’articolo originale di questo post è qui https://left.it/2019/05/17/dellidiozia/ – e solo con qualche giorno di ritardo qui, nel mio blog.