«Il sapere e la ragione parlano; l’ignoranza e il torto urlano» scriveva Arturo Graf. E in questi ultimi due giorni ho voluto farmi del male seguendo per intero le dirette del voto di fiducia al governo sia alla Camera che al Senato. Mi è venuta la congiuntivite, giuro. Mi si è spento l’elettroencefalogramma per riuscire ad allinearmi con la corporeità degli argomenti proposti, delle tesi esposte e dei rinfacci l’uno all’altro.
Provo però a ricapitolare, perché ne vale la pena.
La Lega ha strepitato a più non posso con cori da stadio ogni volta che parlavano gli altri, in primis Conte, come fanno quelli che non hanno idee e allora per galleggiare devono fare deserto tutto intorno. Più o meno comunque la loro lettura dei fatti è questa: i poteri forti hanno decido di fare cadere il governo (lo so, fa già ridere così) e loro hanno deciso di dire basta all’esperienza del governo gialloverde perché gli altri dicevano sempre no. A rigor di logica quindi si autodenunciano come poteri forti, se ci pensate. Comunque: dicono che Conte abbia formato il governo telefonando a Parigi, a Berlino e a Bruxelles e si sia messo d’accordo con il Pd perché gliel’ha consigliato qualche plutomassone turbocapitalista. Poi hanno detto «poltronari» (ne ho scritto ieri), «parlateci di Bibbiano» e altre amenità simili. Sembrava il saggio di fine anno: hanno messo in scena i tweet del loro capo.
Fratelli d’Italia ha detto che loro sono gli unici coerenti lì dentro (bastonando l’amichetto Salvini): per loro essere rimasti fuori dai giochi è una nota di merito. Dicono sempre così quelli che vengono lasciati fuori nelle partite di calcetto: «Sono troppo forte per loro». Poi hanno detto che Leu è un partito di pericolosi comunisti (me lo vedo Grasso lanciare le molotov) e che Conte è schiavo dei poteri forti.
Forza Italia ha detto che Salvini è stato un po’ discolo ma se accetta di portare il caffè a letto tutte le mattina a Berlusconi forse lo perdoneranno. Hanno detto che non vanno in piazza perché sono diversi da quelli che comunque ritengono naturali alleati. Hanno anche detto che c’è già un leader naturale per risolvere tutto: Silvio. Applausi svogliati e stanchi.
Questi i concetti politici. Il resto? Urla, magliette, sfottò e il Parlamento trasformato in urlatoio. La politica dell’opposizione è tutta qui.
Per chi mi chiede della maggioranza, vi anticipo: siamo in attesa dei fatti. Ah, a proposito, anche la Alan Kurdi che continua a rimanere in mezzo al mare.
Buon mercoledì.
L’articolo Urlano perché non hanno argomenti proviene da Left.
Il mio #buongiorno lo potete leggere dal lunedì al venerdì tutte le mattine su Left – l’articolo originale di questo post è qui https://left.it/2019/09/11/urlano-perche-non-hanno-argomenti/ – e solo con qualche giorno di ritardo qui, nel mio blog.