«Solo gli stupidi non cambiano mai idea», ti ripetono fin da piccolo tutti quelli che hanno appena cambiato un’idea su qualcosa che probabilmente ti riguarda, costringendoti a tirarti subito fuori dalla potenziale schiera degli stupidi e quindi anche accettare la più spudorata giravolta che avresti mai potuto immaginare. È una frase fatta (come le mezze stagioni che non ci sono più e Venezia che è bella e che non ci andresti mai a vivere) che funziona come condono tombale per qualsiasi critica possa arrivare interrompendo qualsiasi discussione sul nascere senza nemmeno bisogno di esporre una tesi, solo con un ritornello che è diventato un proverbio e chissà se il poeta James Russell Lowell avrebbe immaginato che una banalizzazione di un suo scritto sarebbe diventata la roncola con cui parecchi stupidi uccidono qualsiasi contestazione. Se ci fate caso spesso sono gli stessi che rivendicano il valore della coerenza non come costanza logica o affettiva nel pensiero e nelle azioni ma come diritto di insistere nei propri errori, e non perdete tempo per sottolineare lo strumentale utilizzo della parola, non varrebbe la pena, è sempre pericoloso rispondere a uno slogan con tentativo di ragionamento.
Cancelleri e l’ultima capriola sulla costruzione del ponte sullo Stretto
La nuova frontiera politica però si è evoluta nel diritto all’oblio, nel non dovere dare spiegazioni e nello stizzirsi nel caso in cui vengano richieste: così accade che questo 9 maggio il sottosegretario al ministero delle Infrastrutture Giancarlo Cancelleri, esponente del Movimento 5 stelle, rilasci una frizzante intervista a La Stampa in cui si dichiara favorevole alla costruzione del ponte sullo Stretto di Messina spazzando via in un attimo tutte le posizioni politiche del Movimento sul tema.
Quando Beppe Grillo definiva il ponte sullo Stretto una «allucinazione mentale»
Beppe Grillo nel 2015 definiva il progetto del ponte «una presa per il culo che serve al Pd per avere un argomento di cui parlare ai talk show e coprire i suoi fallimenti quotidiani, alla mafia per aprire cantieri che non vedranno mai fine e che costerà altri centinaia di milioni ai cittadini assetati», una «allucinazione mentale» e «una cosa degli Anni 70». Ma ciò che lascia ancora più perplessi sono le motivazioni che starebbero alla base di questa inversione di opinione secondo Cancelleri: il sottosegretario ci spiega che ci vorrebbero solo «dieci anni per farlo» (e quindi il problema era il tempo e non la mafia?), ha sottolineato che qui non sta sta parlando del ponte sullo Stretto «di berlusconiana memoria» (sempre per quell’infantile postura di giudicare lo spessore di un’idea in base al proponente e mica all’idea), ha scoperto che il treno «non entra nel traghetto» (questa, diciamolo, è veramente irresistibile) e poi è riuscito a ribaltare la realtà dichiarando che in Sicilia «questi voti non li abbiamo presi dicendo di no ma costruendole, le cose» (e varrebbe la pena chiederlo proprio ai siciliani, e ai piemontesi per Tav e ai pugliesi per Tap e così via).
Se il valore di ieri viene rivenduto oggi come immaturità
La giravolta è l’ennesima di una lunga serie che attraversa diverse questioni ambientali, che viene dopo il “mai alleati” con qualcuno pur avendoli passati tutti, che segue al “non più di due mandati” che è sull’orlo della cancellazione, che passa da Casaleggio come “anima del movimento” e ora semplice fornitore di servizi da scrollarsi di dosso velocemente, in un momento in cui “l’uno vale uno” cozza con un capo politico non ancora legittimato (scelto per unzione) dagli scritti che ballano in una disputa legale. La giustificazione ai cambiamenti è sempre la stessa: la Realpolitik basata su una concreta pragmaticità, rifuggendo da ogni premessa ideologica o morale, che veniva prima contestata a tutti gli altri (non era questa la diversità rivendicata dal Movimento?) e che ora viene sfoggiata come prova di maturità. Così perfino un Di Battista coerentemente critico viene bollato come uno stupido che non cambia mai idea. E qui torniamo al punto iniziale: si parte declamando la coerenza e sottolineando l’incoerenza degli altri, si finisce con l’introiettare presto i difetti dei propri avversari e quello che prima era considerato un valore viene rivenduto come immaturità e infine si scavalca se stessi a piè pari. «Dobbiamo superare i no ideologici» dice Cancelleri a proposito del ponte, invitando i suoi compagni di partito a rottamarsi. Ora manca solo l’espediente narrativo per spiegarci che la coerenza si pratica cambiando idea e poi il gioco è perfetto.
L’articolo Così le Stelle finirono sotto il Ponte proviene da Tag43.it.