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Enrico Letta traccia il solco: in nome del “voto utile” (questa volta contro la destra di Meloni e Salvini) bisogna costruire “un’alleanza elettorale” per battere la destra “nero fossile”. Per farlo il segretario del Partito democratico ammette che bisogna convincere “qualcuno che in passato ha votato per loro o noi questa sfida non la vinciamo”.
C’è per Letta un problema non da poco: Fratoianni e Bonelli non vogliono Calenda e Calenda pone il veto su Fratoianni e Bonelli
Letta fa anche i nomi e i cognomi: bisogna convincere gli elettori di Forza Italia. Che gli elettori di Forza Italia possano votare un’alleanza che – almeno sulla carta – vorrebbe essere di centrosinistra appare impervio ma per portarsi avanti intanto sembra più che pronto ad abbracciare Gelmini e Brunetta portati in dote da Calenda.
Matteo Orfini prova a sollevare il tema: “Non mettiamo veti sulle persone, ma se vogliamo fare pace con il mondo della scuola non potremo avere qualcuno che non ce lo fa fare”, dice riferendosi ovviamente all’ex ministra Gelmini ma i più maligni dell’assemblea non possono fare a meno di pensare anche a Lucia Azzolina, ministra del secondo governo Conte che ora Di Maio regala al Partito democratico.
Anche su Luigi Di Maio i malumori ci sono, eccome. Laura Boldrini non lo nomina ma fa riferimento a “chi parò del partito di Bibbiano e dei taxi del mare” mentre Goffredo Bettini avvisa che Calenda (ormai a un passo dall’ingresso in coalizione) “ha fatto della demolizione degli altri la sua cifra politica, si erge a giudice di ogni singola forza o personalità politica, non se ne salva nessuna, ha diviso fra i buoni e i cattivi”.
Lui, Calenda, intanto da fuori riesce a sfiorare il ridicolo dichiarandosi disponibile a fare il Presidente del Consiglio “se Draghi non sarà disponibile” (leggi l’articolo). Basterebbe anche solo questa frase per fare capire come, al di là dei numeri, la presenza del leader di Azione e dei suoi nuovi acquisti pescati dalla cesta di Berlusconi sarà ingombrante e faticosa. A sinistra intanto Nicola Fratoianni – che abbiamo intervistato su La Notizia di oggi (leggi l’articolo) – sembra pronto a fare parte del gruppo.
C’è per Letta un problema non da poco: Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli (nella foto) non vogliono Calenda e Calenda pone il veto su Fratoianni e Bonelli. Del resto al di là delle questioni personali ci sarebbe da rendere compatibili programmi che su molti punti sono addirittura opposti: gli uni vogliono più stato sociale mentre l’altro lo cancellerebbe mettendolo sul mercato, questo vuole le centrali nucleari e i rosso-verdi sono contrari già al rigassificatore di Piombino.
Letta insiste chiarendo che “non c’è nessuna agenda Draghi” (ma era stato lui a sventolarla) e che “ciascuno potrà tenere i propri programmi”. La legge elettorale, del resto, rende ancora più difficile una campagna elettorale che si preannuncia durissima. “Il problema sarà anche come si sviluppa concretamente la campagna elettorale. Se dovessimo censurarci perché c’è uno che ti smentisce, rinunceremmo alle nostre potenzialità di fuoco», dice il ministro Orlando.
Poi c’è il problema delle liste: si voteranno il 9 o l’11 ma saranno i segretari regionali a farsene carico. Le donne per ora sono poche, troppo poche. E le deroghe sono già pronte per Fassino, Franceschini e i soliti noti. Il M5S è ufficialmente escluso. Di Renzi non parla nessuno ma un suo ingresso sembra molto improbabile.
Il vicesegretario Peppe Provenzano coglie il punto: «Bisogna evitare di dare l’impressione di voler costruire un’alleanza degli inclusi, sarebbe un regalo a Meloni”, dice. Eppure per ora da fuori sembra proprio così. Un centro-centro-centro-sinistra che cerca voti a destra.
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