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Era il 7 marzo del 2018 e il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, aveva pochi dubbi: “Bisogna liberarsi al più presto di personaggi come Carlo Calenda e ricominciare un cammino diverso”, disse a Bari, a margine di una conferenza stampa sul turismo. “E adesso – ha aggiunto – la brutta notizia è che ha perfino deciso di iscriversi al Pd: questa veramente è la notizia più triste di questi giorni”.
Quella tra Matteo Renzi e Carlo Calenda è una lunga storia di amore e odio
Molto più schietto fu lo scrittore Fulvio Abbate: “Carlo Calenda, figlio della regista e scrittrice Cristina Comencini, spermatozoo d’oro della Roma borghese dalle insegne artistico – scrisse Abbate a gennaio 2018 – intellettuali, l’Urbe dei quartieri con prenotazione obbligatoria, tra Villa Balestra a Monti Parioli e piazza Caprera nel cuore di gnomo del Quartiere Trieste, fa di meglio. Mai sfiorato dal bisogno d’essere un rivoluzionario, un incendiario, un Franti, assodato che non è neppure nella sua natura, nella sua indole, nel suo peso-forma da circolo di canottieri affacciato sul Tevere. Calenda preferisce piuttosto affiancarsi al proverbiale Luca Cordero di Montezemolo, che infatti lo porterà fin da subito alla Ferrari con ruoli di ‘responsabile gestione relazioni con i clienti e con le istituzioni finanziarie’”.
Dalla Ferrari a Sky, poi assistente del presidente di Confindustria Luca Cordero di Montezemolo e poi la politica. Viceministro allo Sviluppo economico con Enrico Letta e Matteo Renzi, poi ministro con Renzi e Paolo Gentiloni, parlamentare europeo con una valanga di preferenze ma nella lista del Pd e poi segretario di Azione, capo del suo partitino personale dopo una vita sotto padrone.
Fulminato da Mario Monti – per cui si è candidato nella fallimentare operazione politica di Scelta Civica – Carlo Calenda diventa Calenda grazie al tocco magico di Renzi, nel periodo d’oro del renzismo in cui tutto ciò che toccava Matteo si trasformava in magia.
È proprio Renzi a innervosire un bel pezzo della diplomazia italiana per la nomina di Calenda a Rappresentante permanente dell’Italia presso l’Unione europea sostituendo Stefano Sannino, considerato da Renzi troppo poco combattivo e troppo “compatibile” con i riti europei. In quell’occasione 200 diplomaci in una lettera definirono la nomina di Calenda “un segnale che potrebbe preludere all’esclusione dei diplomatici di carriera dagli incarichi di maggiore responsabilità” e che “attesta il declino di autorevolezza dell’Amministrazione degli Affari esteri”.
“Serviva uno rissoso? – chiesero a Renzi i diplomatici italiani – Ma qui è pieno di gente rissosa. Il punto è se basta battere i pugni”. Matteo però fece scudo a Carlo e forse il loro tormentato rapporto in quei momenti fu saldo come non mai. Calenda, si sa, ama essere protetto e per Renzi non c’è soddisfazione più grande di passare come protettore dei suoi.
Poi qualcosa si è rotto e com’era facilmente immaginabile l’egocentrismo dei due incendiò ancora di più la rottura. “Non ho nessuna intenzione di fare un partito con Renzi”, diceva Calenda a novembre dell’anno scorso. Era l’epoca in cui Calenda bastonava Renzi per la sua alleanza con Gianfranco Miccichè in Sicilia e per “l’inconsistenza” della Leopolda. All’inizio del 2021 Calenda e Renzi se le erano date di santa ragione per la nascita del secondo governo Conte. Poi arriva di nuovo l’alleanza per le elezioni amministrative di Roma.
Calenda rivendica un risultato clamoroso grazie al suo nome sulla scheda elettorale ma Renzi lo corregge ricordandogli che tra i consiglieri comunali Valerio Casini e Francesca Leoncini sono stati eletti in quota Italia Viva. “Non siete in grado di ragionare, – rispose Calenda- neanche in presenza di un’apertura, piena di riconoscimenti per il lavoro fatto. Vi raccontate che a Roma il risultato è soprattutto merito di Renzi, come tutto ciò che di buono accade nel mondo. Siamo all’infallibilità. È religione non politica”.
Quando si scatena il caso Open Calenda difende Renzi per la “barbarie dell’attacco giudiziario” ma chiarisce: “Renzi è un mio avversario”. Poi ci sono gli attacchi sul caso Renzi-Arabia Saudita. Nel giorno in cui viene eletto segretario di Azione, Calenda – eravamo all’inizio del 2021 – dice di Renzi: “Lo ritengo il migliore presidente dai tempi di De Gasperi. A lui dico: certo che stiamo insieme ma non è pensabile che tu sia pagato da uno Stato straniero. Decidi se vuoi fare politica o business. Io da quando faccio politica non ho più una consulenza. Chi fa politica non fa consulenze: i soldi li trova dai suoi sostenitori. Renzi questo lo sa perfettamente”.
E ancora: “Con che credibilità Renzi potrebbe in futuro ricoprire il ruolo di ministro degli Esteri o sedere nel Copasir o influenzare la politica estera dopo aver preso soldi personalmente dall’Arabia Saudita”, disse un mese prima. “Ritengo inaccettabile – affondò Calenda – che un senatore della Repubblica, pagato dai cittadini, vada in giro per il mondo a fare il testimonial di regimi autocratici dietro pagamento di lauti compensi. Prendere soldi da governi di Paesi stranieri mentre eserciti ancora un’attività politica è inaccettabile”.
A novembre dell’anno scorso Renzi vola a Wall Street per il lancio della società italo-russa di car sharing Delimobil, nel cui cda sedeva il leader di Italia Viva: “Trovo sbagliato che un leader di partito faccia attività di lobbying. – rimarcò ancora Calenda – Questo suo comportamento avrà influenza nel progetto del Grande centro”.
Perfino pochi giorni fa, quando Calenda era ancora nel “campo largo” del Pd con Letta, la risposta a un elettore di Italia Viva lascia pochi dubbi. “Io voto Italia Viva”, scrisse il malcapitato e Calenda: “Bravo! Regala un voto a Salvini e Meloni su uninominali. Però potrai rivendicare la tua purezza. Insieme a chi ha fatto il Conte 2 e fa il promoter dei sauditi. Insomma una vera alternativa liberale”.
Carlo e Matteo, sempre pronti a cambiare idea per uno spicchio di popolarità
Pochi mesi fa quando qualcuno chiedeva a Calenda di un’eventuale collaborazione con Renzi il giudizio era sempre lo stesso: “Io vedo la necessità di un grande motore politico riformista contro i populismi. Non di un centro che sia un fritto misto che si allea ora a destra ora a sinistra, alla ricerca di un vantaggio”. Carlo e Matteo, sempre pronti a cambiare idea per uno spicchio di popolarità.
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