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Dalla Sicilia alla Lombardia. Ormai i clan pascolano ovunque

Sono passati 30 anni ma non abbiamo ancora imparato. C’è un processo, che sia in Sicilia o in Campania o in Calabria, in cui l’odore di mafia pervade un settore produttivo della realtà italiana e le altre regioni, la politica e i media leggono la sentenza come una notizia di cronaca locale. Niente domande, nessuna inquietudine, nulla.

l business dei fondi Ue sui terreni per gli allevamenti. Così le cosche ramificano i loro affari in tutto il Paese

Così è una notizia durata giusto il tempo di attaccarci qualche foto, quella dei sei secoli di carcere nella condanna del tribunale di Patti per il processo “Nebrodi” contro la cosiddetta “mafia dei pascoli”, scaturito dall’inchiesta sulle truffe all’Agea (l’agenzia per le erogazioni in agricoltura) che hanno interessato i gruppi mafiosi tortoriciani: 91 condanne e 10 assoluzioni per una truffa che punta sui contributi comunitari percepiti illegalmente che la mafia aveva individuato come fonte facile di guadagno.

Un sistema mafioso che ci consegna, ancor di più dopo la sentenza, anche un “buono” che tornerebbe utile per difendere il Paese dalle mafie che sono completamente scomparse dal dibattito politico: l’ex presidente del parco dei Nebrodi Giuseppe Antoci (nella foto). Antoci aveva introdotto un protocollo, poi recepito nel nuovo Codice antimafia e votato in Parlamento il 27 settembre 2015, che aveva rovinato i piani dei boss (una costola del clan dei Bontempo Scavo) e per questo fu vittima di un attentato da cui riuscì a sfuggire fortunosamente e, soprattutto, fu obiettivo di una campagna di delegittimazione, come spesso accade, alimentata dai cosiddetti cattivi e dai presunti buoni.

I mafiosi potevano contare su insospettabili consiglieri che conoscevano alla perfezione il meccanismo e i tempi delle richieste di finanziamento, trasferendo i soldi anche su conti esteri. A questo si aggiungeva la truffa dei terreni fantasma, terre mai possedute messe a disposizione dal “Feaga”, il fondo europeo agricolo di garanzia, e dal “Feasr”, il fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale. Un enorme patrimonio di territorio e di denaro finito nelle mani sbagliate e diventato ossigeno per il rafforzamento dei clan.

Le due storiche cosche di mafia di Tortorici, Bontempo Scavo e Batanesi, potevano contare su un trentina di dipendenti dei centri di assistenza agricola. Il gip di Messina Salvatore Mastroeni lo disse senza troppi fronzoli: “Fa impressione che Agea, Comunità europea e organi di controllo ‘si bevano’ istanze di quel tipo per terreni e finanziamenti”.

Nel maggio 2017, Sebastiano Bontempo Scavo, in odor di mafia, riuscì a farsi assegnare dall’ufficio di Messina del dipartimento Sviluppo rurale dell’assessorato all’Agricoltura un lotto di terreno in località Batessa: per fortuna, ad agosto il provvedimento venne revocato, ma solo perché la prefettura di Messina aveva risposto alla richiesta di informazioni della Regione.

Una risposta, ha accertato l’indagine, arrivata quasi due anni dopo, per un’altra pratica. Il boss messo alla porta a Messina però fu accolto nello stesso anno a Catania, riuscendo a ottenere alcuni terreni demaniali a Randazzo. Ma tra le carte di quel processo c’è anche quell’Italia che assiste da lontano credendosi immune. Nel parco regionale di Monte Sole, siamo sull’Appennino che divide l’Emilia dalla Toscana, secondo i giudici i clan avrebbero guadagnato circa 200mila euro.

Il trucco è sempre lo stesso: falsificare le carte per dimostrare di lavorare su particelle di terreno prese in affitto per portare i fondi europei che avrebbero dovuto aiutare agricoltori e allevatori. Nella video inchiesta “Ipossia Montana” (di Cecilia Nardacchione, Andrea Giagniorio, Cecilia Fasciani) finalista dell’ultima edizione del Premio Roberto Morrione si racconta di come Giuseppe Scinardo Tenghi nel 2014, 2015 e 2016 (unico anno in cui il contributo non venne erogato) attraverso la sua impresa Geo-Zoot avrebbe indotto in errore l’Agea, attestando falsamente la riconducibilità alla sua impresa di particelle di terreno del Parco storico di Monte Sole e facendosi quindi erogare contributi dal Fondo Europeo Agricolo di Garanzia.

“L’operazione Nebrodi – racconta Antoci in un’intervista della video inchiesta – ha rivelato forti interconnessioni con altri pezzi di territorio: sono coinvolti l’Abruzzo, l’Emilia-Romagna con Marzabotto e tanti altri territori. Non è quindi solo un fenomeno siciliano, ma un fenomeno più ampio che riguarda il nostro paese e non solo. Questa vicenda dimostra il mutamento delle mafie: sono sempre state liquide, si sono adattate ai contenitori”.

La corsa ai pascoli è stata evidente: in Trentino, alcune grandi imprese con allevamenti intensivi in pianura hanno iniziato a procacciare terreni in zone montane innescando un forte incremento dei costi dell’affitto dei pascoli a scapito degli allevatori e malgari locali. Altre aziende raggirano la legge facendo passare costoni di roccia, dirupi, sentieri di montagna come terreni di pascolo con cui ottenere i finanziamenti comunitari.

Nel 2017 in val Camonica (tra Bergamo e Brescia), i carabinieri forestali hanno scoperto un “cartello del malaffare” dove la truffa era basata sulla fittizia conduzione degli alpeggi che non avevano mai visto animali, ma che avevano reso più di 500mila euro di contributi dell’Unione europea nei soli anni 2016-2017. Nel 2019, la guardia di finanza aveva scoperto nei territori dell’Alto lago di Como e della Bassa Valtellina, sempre in Lombardia, delle società fittizie che – falsificando diversi documenti – avevano fornito a ben 91 aziende agricole un pacchetto completo di atti utili a richiedere più contributi aumentando virtualmente, quindi solo sulla carta, le superfici agricole in uso.

A Bardonecchia, in Piemonte, e a Etroubles, in Valle d’Aosta: in questa località nel giugno 2020 i carabinieri forestali hanno scoperto un imprenditore agricolo bresciano che aveva preso in affitto ettari di alpeggio portando alcuni animali “figuranti”, bestie malate al pascolo, per eludere i controlli e ottenere i fondi europei destinati alla transumanza. Nel 2023 entrerà in vigore la nova Pac e l’Italia potrebbe recepirla dall’Ue rivedendo il sistema dei “titoli” così utile alla mafia, imparando la lezione di quel processo siciliano. Secondo voi il governo lo farà?

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