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Governo, Gubitosa: “Le elezioni sono passate, gli slogan non bastano più”

Per la prima volta Giorgia Meloni abbandona le facili conferenze stampa e viene chiamata a rispondere in Parlamento. Michele Gubitosa (M5S), che giudizio dà della performance della presidente?
“Il giudizio non può che essere negativo. La Presidente Meloni non ha risposto, o ha deliberatamente travisato il senso delle domande che le sono state rivolte. L’impressione è che non si sia presentata adeguatamente preparata a questo appuntamento e francamente è inaccettabile. Le consiglierei di tornare a fare le conferenze stampa, se solo non avessimo visto tutti il disastro compiuto a Cutro. Forse, per questo governo, l’unica strategia possibile per evitare di fare strafalcioni è evitare di parlare”.

Conte dice che Meloni non ha risposto alla domanda del M5S. Spostando l’argomento sul superbonus. È “scappata”, politicamente parlando?
“Quanto avvenuto è tanto evidente, quanto imbarazzante. La premier si è sottratta a una domanda molto semplice, che riguardava un tema fondamentale come il diritto alla casa dei cittadini e l’aumento delle rate dei loro mutui. Non sapendo come rispondere, ha preferito attaccare il Movimento 5 Stelle e questo è francamente grave. Quando la premier si presenta in Aula, non lo fa solo per rispondere al M5S o a qualsiasi altra forza politica. Parla ai rappresentanti dei cittadini, in seduta pubblica, dunque risponde di fatto al Paese. E in questa sede non sono accettabili questa impreparazione e questo pressapochismo. La campagna elettorale è finita, gli slogan non bastano più. Adesso Meloni deve governare il Paese e dare risposte chiare”.

Dice Meloni che la colpa del lavoro povero non si risolve con il salario minimo ma detassando le imprese. Che ne pensa
“Una cosa non esclude l’altra. Anche sul salario minimo la destra continua a raccontare falsità, non so se per ignoranza o per il fatto di non aver letto la nostra proposta di legge. Noi diciamo due cose molto semplici: rafforzamento della contrattazione collettiva “sana”, stabilendo dei precisi criteri di rappresentatività delle parti sociali così da mettere fuorigioco gli accordi “pirata”, e introduzione di una soglia minima – 9 euro lordi l’ora – che scatterebbe laddove quella prevista dai contratti fosse inadeguata a garantire ai lavoratori un’esistenza libera e dignitosa, come dice l’art. 36 della nostra Costituzione. Per aiutare le imprese, prevediamo, peraltro, la detassazione triennale degli incrementi retributivi previsti dai rinnovi contrattuali. Insomma, non ci sono reali motivi oggettivi per non approvare la nostra proposta, se non i loro soliti pregiudizi ideologici”.

Tra l’altro non stupisce che Meloni chieda più contrattazione dopo avere delegittimato da sempre i sindacati?
“Giorgia Meloni è il dottor Jekill e mister Hyde della politica italiana. Finora è stata costretta a rimangiarsi tutto ciò che ha detto quand’era all’opposizione, penso ad esempio al blocco navale, al taglio strutturale delle accise sulla benzina o alla proroga di Opzione donna: tutte promesse non mantenute, se non addirittura, come nell’ultimo caso, un vero e proprio disastro che pagheranno decine di migliaia di lavoratrici che avevano maturato il diritto di andare in pensione prima e non potranno farlo. Credo che se le opposizioni si compattassero veramente su temi come la lotta alle diseguaglianze e al lavoro povero, la premier non potrebbe più voltarsi dall’altra parte”.

Sulle casa green, così come sulle auto a motore termico, Meloni conferma alla guida di un governo arretrato e strabico. Pagheremo questo isolamento sui temi ambientali?
“Su questo, come su altri temi, sembra proprio che l’obiettivo di questo governo sia di compiere passi indietro. È inevitabile che l’Italia rischi di pagare un prezzo altissimo e di rimanere totalmente isolata in Europa. Se Meloni preferisce allinearsi a Orban, farebbe bene a non trascinare con sé il Paese. Per tanti anni, il Movimento 5 Stelle è stato ingiustamente accusato di essere il partito del no. La verità, invece, è che questo è il governo dei no, dal momento che si oppone a qualsiasi proposta: case green e auto green sono solo due esempi, ma non dimentichiamo anche Transizione 4.0 e Superbonus, misure fondamentali nella lotta al cambiamento climatico. Basterebbe comunque ascoltare le parole pronunciate ieri dal Presidente Mattarella, che ricordava come sul clima non ci sarà un secondo tempo. Anche noi crediamo che si debba agire subito e che non ci sia più tempo da perdere, accompagnando le politiche green con corposi investimenti per sostenere i cittadini in questa transizione”.

È possibile immaginare che le difficoltà del governo rinsaldino l’asse tra PD e M5S?
“Un eventuale asse con il Partito Democratico non può fondarsi solo sull’opposizione a questo governo, per quanto disastroso sia. Serve altro, serve identità di vedute, serve visione comune sui temi fondamentali per il Paese. Registriamo con favore che, almeno a livello di dichiarazioni di intenti, Schlein abbia abbracciato la nostra posizione sul salario minimo. È un passo incoraggiante, visto che i dem sono sempre stati contrari alla proposta del Movimento 5 Stelle. Nella scorsa legislatura, hanno presentato emendamenti simili a quelli di Forza Italia per eliminare dal nostro disegno di Legge il riferimento ai 9 euro lordi l’ora e sappiamo che le proposte di alcuni esponenti del Pd non fissano alcuna soglia minima. Così non si risolverebbe il problema”.

E voi come lo risolvereste?
“C’è una proposta di Legge a prima firma Conte che è già stata calendarizzata alla Camera, partiamo da quella. Restano però tanti altri temi sui quali attendiamo segnali concreti su quelle che sono da sempre le nostre battaglie. Dal Superbonus al Reddito di Cittadinanza, per passare da lotta al precariato, transizione ecologica e difesa di salute e istruzione pubbliche. Per non dimenticare la guerra in Ucraina e l’invio di armi a Kiev, un tema sul quale ci aspettiamo una svolta netta rispetto alla linea bellicista di Letta. Vogliamo capire se l’agenda Schlein sarà in contrapposizione con quella fantomatica agenda Draghi su cui il Pd aveva finito per appiattirsi nella passata legislatura”.

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