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Il magico tempismo della morte del pentito Palmeri

Armando Palmeri era un collaboratore di giustizia (volgarmente lo direbbero “pentito”) che da qualche tempo era uscito dal programma di protezione ma viveva nascosto in una casa in contrada Bosco alla Falconeria, tra Alcamo e Partinico, in provincia di Palermo. Ad Alcamo Palmeri, che aveva 62 anni, era stato il braccio destro dello storico boss Vincenzo Milazzo.

Tra la miriade di dichiarazioni che ha lasciato agli atti ci sono informazioni sull’influenza dei servizi segreti sulle stragi a partire dal 1992. Raccontò che il boss Milazzo dopo le sue partecipazioni alle riunioni per organizzare la strategia stagista che ha messo in ginocchio l’Italia commentava dicendo “sostanzialmente che questi erano matti, che erano loro la vera mafia. Mi disse che volevano che ci adoperassimo per la destabilizzazione dello Stato. Io credo che quella era una cosa molto riservata. Ricordo che Milazzo tremava. C’era un periodo di tensione molto forte. Lui mise in atto la ‘strategia del Ni’. Da un lato si mostrava restio e contrario, dall’altro aveva comunque paura di poter essere eliminato se avesse detto no. Quindi preferì un’azione mista”.

Il “ni” di Milazzo gli costò la vita (nel commando che lo uccise c’era anche Matteo Messina Denaro) il 14 luglio 1992, 5 giorni prima dell’omicidio di Paolo Borsellino. Il 15 luglio Cosa nostra uccise anche la compagna di Milazzo, la ventenne Antonella Bonomo, incinta, per la sua sgradita abitudine di “parlare troppo” e per una sua parentela – riscontrata dalla Procura di Caltanissetta – con un uomo del Sisde.

Palmeri raccontò particolari anche su Antonino Gioè, un uomo di mafia molto vicino a ambienti politici di destra che fu probabilmente suicidato nel 1993 nella sua cella del carcere di Rebibbia, impiccato con i lacci delle sue scarpe. Palmeri raccontò di Gioè ospite della trasmissione Report: “A volte lo accompagnai ad incontri particolari con uomini delle istituzioni – ha detto Palmeri intervistato da Paolo Mondani – Se parlammo di Capaci? Mi disse ufficiosamente che a ‘Giovannieddu (Brusca, ndr) ci paria che era iddu a farlo esplodere’. Mi diceva che il dispositivo per lanciare l’impulso era un giocattolo e che era in sinergia con altra gente. Cosa mi sta dicendo? Era un’operazione militare perfetta”.

Oggi avrebbe dovuto testimoniare in un confronto con Baldassare Lauria, un ex medico che Palmeri indicava – accuse tutte da dimostrare – come cerniera tra i servizi segreti e Cosa nostra all’epoca delle bombe del 1992. L’ex pentito aveva paura, si sentiva in pericolo e per questo aveva chiesto al pm Pasquale Pacifico di poter intervenire in videoconferenza. Permesso non accordato. Baldassare Lauria, l’uomo accusato da Palmeri, è un 87enne che fu medico molto stimato nel trapanese nonché senatore di Forza Italia nel 1996 poi passato all’Udeur di Clemente Mastella: risulta indagato a Caltanissetta per frode in processo penale aggravato dall’aver favorito Cosa nostra e dall’aver commesso il fatto in un procedimento per strage.

Armando Palmeri però è morto. L’hanno trovato nella sua abitazione. Forse un infarto, dicono. Ora si indaga. Tra le altre cose, aveva raccontato che nella primavera del ’92, ad Alcamo, si tennero tre incontri tra uomini dei Servizi segreti e il suo capomafia. Oggetto dell’incontro: le stragi da consumare in Italia nel 1993. “Volevano mettere in atto una strategia di destabilizzazione dello Stato con bombe e attentati”, ha detto davanti alla corte d’Assise di Reggio Calabria il 14 giugno del 2018. Una morte accidentale con un tempismo perfetto.

Buon lunedì.

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