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È il giorno della memoria per le vittime delle mafie. Ma ricordare non basta

Ogni anno, il 21 marzo, primo giorno di primavera, in Italia viene celebrata la Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie. Oggi è il 21 marzo. Una giornata nata dalle lacrime di Carmela Montinaro, madre di Antonio Montinaro, uomo di scorta di Giovanni Falcone che perse la vita nell’attentato di Capaci. Durante una commemorazione tenuta dal fondatore di Libera la madre di Antonino Montinaro sentì ricordare il figlio da don Ciotti e si strinse la suo braccio per lenire il dolore del figlio dimenticato. La giornata nasce lì, per ricordare le vittime di mafia in Italia, spesso all’ombra delle vittime più “famose”.

Ogni anno, il 21 marzo, in Italia viene celebrata la Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie

Oggi alle 8.30, con ritrovo a Milano dei partecipanti nella zona Bastioni/Porta Venezia la manifestazione si concluderà in piazza Duomo a Milano, con la lettura dei nomi delle vittime delle mafie dal palco. Lo slogan di questa Giornata, scrive Libera, “vuole portarci a riflettere su ciò che ciascuno di noi può fare per l’affermazione dei diritti e della giustizia sociale. La parola “possibile” deriva da “potere” e indica ciò che si può realizzare, ciò che può accadere. In un momento storico in cui le difficoltà sono numerose, con la crisi ambientale, sociale ed economica aggravata dalla pandemia e la vulnerabilità politica internazionale provocata dalla guerra, abbiamo il dovere di indicarci insieme la strada, di dirci dove può e deve portarci il nostro impegno comune.

Oggi ci troviamo su un sentiero oscuro, dove talvolta non ci sono neanche le stelle a farci da guida. Ma se diventiamo tutti consapevoli di questo sentiero e del perché sia divenuto oscuro, possiamo attraversarlo e superarlo, per raggiungere l’alba del cambiamento necessario”. Secondo Libera questo è un tempo di “attraversamento” difficile, in cui ci pare che le vecchie “mappe” non servano più a ritrovare la strada. È un tempo complesso che ci chiede di metterci in gioco anche componendo nuovi orizzonti, ponendo in dialogo competenze diverse e saperi transdisciplinari, per generare un pensiero meticcio.

Sappiamo – dice Libera – che “è possibile” superare questa fase se a metterci in gioco siamo tutti, insieme: solo con il noi si può arrivare ad affermare la pace, la giustizia, la verità, i diritti, l’accoglienza e la libertà. Però dovremmo avere il coraggio di riconoscere – senza che si offenda qualcuno – che l’argomento mafia si è annacquato e che la memoria no, non basta.

Non basta perché in questo Paese mentre si ricordano Falcone e Borsellino si fa finta di non sapere che in Italia si stanno celebrando processi fondamentali per rileggere la storia del Paese in questi ultimi 30 anni. Si finge di non sapere che alcuni processi si ostinino a raccontare l’attività di servizi deviati dello Stato in combutta con Cosa nostra nell’epoca stragista (uno dei testimoni fondamentali come Armando Palmeri è morto qualche giorno fa per quello che sembrerebbe un tempestivo infarto), si finge di non accorgersi del processo Rinascita Scott in cui sono coinvolti colletti bianchissimi della Calabria già borghese, con Nicola Gratteri isolato e delegittimato come furono Falcone e Borsellino. Facciamo finta di non sapere che la memoria andrebbe praticata come un muscolo – tenuto lungo, allenato – per onorare i morti custodendo i vivi.

Perché l’antimafia in questo Paese è diventata una cerimonia celebrata spesso da sacerdoti poco credibili (nonostante i cognomi) che interessa a sempre meno gente. Anche su questo bisognerebbe avere il coraggio di riflettere. C’è un mondo sommerso che non ha smesso di lottare, senza avere il tempo di commemorare. Che forse è stato lasciato solo.

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