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Marcucci sogna Calenda: ma che aspetta a seguirlo?

Volendo essere precisi sarebbe da capire anche quando hanno scippato la definizione di “riformisti”. Che al riformismo si siano sovrapposte bande di potere che si sono sparse dentro e fuori dal Pd rivendicando l’unico comune denominatore di sparare contro il loro partito o ex partito è già un elemento da antropologia.

L’ex capogruppo del Pd Marcucci in un’intervista martella la neo segretaria Schlein con la stizza di un bimbo escluso dalla partitella in cortile

Fatto sta che i riformisti (che nel Pd si sono radunati nella corrente di Base riformista che fu di Lotti, poi capeggiata da Guerini e poi sdraiata sulla mozione di Bonaccini) utilizzano una strategia talmente prevedibile che se ne potrebbe ogni mattina ancor prima che comincino a parlare: indebolire Elly Schlein, consequenzialmente indebolire il Pd e leccare il cosiddetto Terzo polo. Il tutto, badate bene, solo per custodire i propri cabotaggi e le sempre più piccole posizioni di rendita.

Ieri è stata la volta dell’ex capogruppo dem Andrea Marcucci (nella foto) che in un’intervista martella la neo segretaria con la stizza di un bimbo escluso dalla partitella in cortile. “Una minoranza esclusa di fatto dalla presidenza dei gruppi, – dice Marcucci intervistato da QN – e presto lo capiremo, anche con incarichi di segreteria, definiamoli così, abbastanza leggeri. Non era mai successo prima, per dire sia Renzi che Zingaretti confermarono capigruppo più in equilibrio con le anime del Partito, pur in presenza di percentuali di vittoria alle primarie ben più eclatanti’’.

Dopo la critica apocalittica sul metodo Marcucci si lascia andare al solito parallelismo Schlein/Melenchon (che da quella parti viene visto come un’onta) spiegandoci che “Elly Schlein vuole costruire un partito più marcatamente di sinistra, mentre il Pd è nato di centrosinistra. Per dirla con una battuta, io ricordo l’entusiasmo di Valerio Zanone quando vi aderì, oggi il modello che si vuole assumere è quello di Jean-Luc Mélenchon. C’è una certa differenza’’.

La critica è legittima, per carità, ma risulta terribilmente identica alle trollate biliose degli esagitati del Terzo polo che vedono il pericolo comunismo nascosto nelle pupille di Schlein. Solo loro, Salvini, Berlusconi, Libero e Il Giornale insistono con questa puttanata. E che la compagnia di giro sia quella non stupisce: chi si somigli si piglia, recita un antico adagio. L’unità del partito e la collaborazione annunciate da Stefano Bonaccini quando signorilmente perse le primarie per la segreteria del Pd sono una promessa che si è sciolta nel giro di pochi giorni.

Marcucci dice pubblicamente ciò che privatamente si dicono in molti. La differente cautela non cambia la sostanza delle cose: Schlein dopo poche settimane si ritrova già a fare i conti con una minoranza che è in tutto e per tutto opposizione. Gli appelli dei “riformisti” non sono altro che messaggi in codice perché suocera intenda di renziana memoria. Marcucci ci fa sapere anche di essere molto interessato a quello che accade al Terzo polo. Anche questa una scena già vista, l’”altrimenti me ne vado”.

E perché non se ne vanno? Perché un altro partito che gli garantisce i posti e la tolleranza del Pd non lo trovano. E forse perché i riformisti alla resa dei voti sono sempre molto meno “credibili” di quello che pensano di essere mentre si fanno i complimenti a vicenda davanti ai loro caminetti sempre più vuoti.

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