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Padova torna al Medioevo. 33 figli di coppie gay possono perdere i genitori

Non so se si riesce ad avere idea di cosa stia accadendo a Padova, dove la Procura ha chiesto al Comune di trasmettere tutti gli atti di nascita che certificano l’iscrizione all’anagrafe di figli di coppie omogenitoriali. Si tratta di 33 bambini nati da due donne con procreazione mediamente assistita (niente a che vedere con gestazione per altri di cui si discute in queste ultime settimane) che sono stati registrati negli ultimi 6 anni dal sindaco Sergio Giordani e che ora devono passare il vaglio, anni dopo, per sapere se avranno ancora entrambi i genitori.

La Procura di Padova ha chiesto al Comune di trasmettere tutti gli atti di nascita che certificano l’iscrizione all’anagrafe di figli di coppie omogenitoriali

La persecuzione segue la circolare del ministro Matteo Piantedosi con la quale il governo Meloni ha strumentalmente utilizzato una sentenza del dicembre scorso (su due padri trentini che dovranno ricorrere all’adozione “per casi particolari” per la trascrizione del secondo padre) nonostante il richiamo dell’Unione europea che ricordava “l’obbligo per gli Stati membri di riconoscere i figli di genitori dello stesso sesso, ai fini dell’esercizio dei diritti conferiti dall’Ue”.

La tenaglia sulle famiglie arcobaleno (e in generale sui diritti degli omosessuali) è già molto più chiusa di quello che sembra. Il governo ha acceso lo scontro tra sindaci e procure ed è facilmente immaginabile che gli atti di quei 33 bambini saranno cancellati. Accadrà quindi che dei bambini subiranno uno stravolgimento famigliare per un attacco vigliacco della politica ai loro genitori.

Da parte sua il sindaco di Padova, Giordani, non arretra: “In coscienza non posso immaginare di negare atti amministrativi che mi competono come ufficiale di Stato Civile, dai quali derivano i diritti fondamentali di questi piccoli, e quindi confermo le modalità e le procedure che fin dal 2017 sono state applicate da me e dal Comune di Padova, comunicando tutte le registrazioni alle autorità competenti, come sempre fatto”, dice. Non ha nessuna intenzione di iniziare una guerra con la Procura ma come molti altri sindaci di centrosinistra (tra cui il sindaco di Milano Beppe Sala) conferma l’intenzione di non arretrare.

A Treviso il sindaco leghista Mario Conte è sulla stessa linea. Il reato di perseguire il proprio progetto di famiglia è roba degna dell’Ungheria di Orbàn e delle peggiori autarchie sparse per il mondo. Ieri a Bergamo il tribunale ha deciso di eliminare una mamma dal certificato di nascita di una bambina di 9 mesi di nome Giulia. Il certificato riportava i nomi di Michela e Viola, le sue due mamme.

Ora il nome di Michela è stato rimosso e Giulia, per lo Stato Italiano, ha una sola mamma. Giulia è stata concepita mediante procreazione medicalmente assistita (Pma), con fecondazione eterologa – donazione di gameti, in questo caso spermatozoi – effettuata in Spagna per volontà delle sue due mamme. Ma è stata Viola a portare avanti la gravidanza, quindi per lo Stato Italiano Michela non è sua madre. Allo Stato Italiano non importa che Viola e Michela si amino e che Giulia sia la figlia del loro amore.

Gabriele Piazzoni, segretario generale di Arcigay, sottolinea come si tratti di figli “su cui la giurisprudenza non ha mai avuto nulla da obiettare”. “La solerzia governativa, – spiega Piazzoni – anziché dare seguito a una legge quadro che permetta di riconoscere i genitori di tutti i bambini e metterli quindi in sicurezza, sembra andare soltanto nella direzione di mettere in discussione le tutele ai bambini. Sono principalmente loro ad essere mortificati per vedersi negare un diritto, solo secondariamente i genitori”. Giù le mani dai bambini, gridava Giorgia Meloni. Per metterci le sue.

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