Hanno deciso di parlare anche loro. Gli stranieri che da noi sono diventati carne da cannone per la propaganda elettorale avrebbero qualcosa da dire. A pensarci bene in un Paese normale dovrebbero essere interpellati per conoscere le storture e le esigenze di un sistema di accoglienza che viene sventolato ma su cui ci si interroga pochissimo.
Per questo la manifestazione di domani a Roma in piazza dell’Esquilino è un evento politico, oltre che umanitario, che andrebbe ascoltato con cura. “Siamo quelli che sono sopravvissuti al Mediterraneo e alla rottabBalcanica, che scappano da fame, guerre, catastrofi ecologiche, dal saccheggio delle nostre terre, dagli effetti delle vostre politiche neocoloniali e delle vostre multinazionali. – scrivono i portavoce delle molte associazioni che hanno lanciato la manifestazione “Non sulla nostra pelle” – Siamo i vostri braccianti, i vostri operai, i vostri badanti, i vostri facchini, i vostri negozianti. Siamo la vostra ricchezza! Siamo quelli che dormono nei ghetti dei campi, che dormono per strada, che non trovano casa, che pagano affitti stellari. Guardati dall’alto in basso, trattati in modo razzista”.
Gli organizzatori denunciano di essere spesso trattati come “come corpi da abusare, sfruttare, violentare”, senza nessuna rappresentanza politica nonostante concorrano alla crescita del Paese. Non manca, inevitabilmente, l’attacco al governo per il cosiddetto decreto Cutro: “Si prova a fermare gli sbarchi pagando criminali libici, appaltando ai campi di concentramento la gestione della frontiera, – scrivono – cercando di impedire alle Ong di salvare vite. Ma tutto questo non serve. Salvini e Meloni avevano promesso meno sbarchi, hanno preso voti sull’odio e la paura, ma gli sbarchi continuano e continueranno. Finché l’alternativa sarà fra morire e provarci, ci proveremo sempre”.
Le loro proposte sono quelle delle molte associazioni che si occupano di diritto di asilo: “No al decreto del governo Meloni; Basta accordi del governo italiano con la Libia; Basta guerra alle Ong che operano salvataggi; Vie di accesso legali e corridoi umanitari;
Per una politica di pace: stop alla vendita di armi e alla partecipazione italiana ai conflitti, sì alla cancellazione del debito per i paesi del sud del mondo; Perché i soldi dell’accoglienza non vadano in sprechi e speculazione, ma siano usati per inclusione e formazione;
Contro i tagli al reddito di cittadinanza, per una sua estensione; Vogliamo la regolarizzazione dei braccianti, dei facchini, dei rider, degli operai e di tutte le lavoratrici e lavoratori immigrati; Vogliamo controlli più rigorosi alle aziende, al fine d’impedire il caporalato e lo sfruttamento delle lavoratrici e dei lavoratori tutti”.
L’appello è sottoscritto da decine di associazioni di stranieri in Italia, da Ong e da associazioni italiane che si occupano di accoglienza. Chissà se oltre a usarli qualcuno prima o poi, dalle parti del governo, avrà anche il coraggio di ascoltarli e di dargli delle spiegazioni.
Buon giovedì.