Attilio Bolzoni, lei ha lanciato una provocazione niente male: aboliamo temporaneamente la Commissione parlamentare antimafia. Ne è convinto?
“Una pausa farebbe bene a tutti. Vogliamo mettere qualcuno? Chi? Dopo 30 anni la strage di Paolo Borsellino che non ha colpevoli, la sentenza è dell’anno scorso. Il più grosso depistaggio nella storia della mafia non ha un colpevole. Vuoi mettere Rita Dalla Chiesa Io trovo veramente bislacca la proposta dell’ex procuratore nazionale antimafia Cafiero De Raho. C’è confusione: un procuratore nazionale antimafia che vuole mettere presidente una rispettabile signora che ha sempre difeso Berlusconi, che da sempre dice che le accuse contro di lui sono fesserie. C’è molto disorientamento in quel mondo. Con personaggi che disorientano e sono disorientati solo guai ci possiamo aspettare”.
Cosa pensa dei nomi circolati per la presidenza
“Della Varchi non posso esprimere un giudizio sulla persona ma so che fa la vicesindaca di Lagalla a Palermo, uno che mai una volta ha detto no all’appoggio di Cuffaro e di Dell’Utri. Della Colosimo non so niente, ma non mi pare una grande esperta nel capire le strategie delle mafie. Qui tutti parlano della mafia 2.0, 3.0, 4.0 e non si sono accorti che la mafia è tornata alle sue origini”.
E allora la Commissione antimafia non potrebbe tornare utile?
“Io ho molto rispetto della Commissione antimafia, quella di La Torre, di Forgione, di Bindi, di Chiaramonte (quando sono arrivato a Roma, non sono andato a Palazzo di Giustizia, mi sono letto la commissione di Chiaramonte che dava uno spaccato impressionante decenni prima dei magistrati). Quando sono ben guidate sono un tesoro. Negli atti della prima e della seconda c’è una miniera di informazioni. Se le sai leggere sono ancora attuali, sono nomi che si rincorrono da sessant’anni”.
Invece adesso?
“Di fronte all’aria che tira oggi è tutto spaventoso. Una confusione. Un disorientamento. Non è solo questione di commissione antimafia. Maria Falcone che se la prende con Lagalla e il giorno dopo ne apprezza le qualità. I presidi siciliani di Libera che invitano Lagalla in vista del 21 marzo. L’ex procuratore antimafia che indica Dalla Chiesa”.
E l’opposizione?
“La politica di destra e di sinistra di mafia non se ne occupa. Nel migliore dei casi ne parla sempre al passato, c’è un conformismo dilagante. Lo vedi dalla cattura di Matteo Messina Denaro: un conformismo da asfissia. Io non sono un dietrologo quindi non credo che ci sia stata una trattativa Stato-mafia”.
Si spieghi meglio…
“Credo ci sia stata una trattativa mafia-mafia perché non c’è magistrato, procuratore e carabiniere che mi spiega quello che ho visto con Messina Denaro: l’arresto morbido e facile di uno ossessionato dalla sua sicurezza e intanto si fa selfie, messaggia con le pazienti, porta le latte d’olio. Stiamo scherzando. In 6 mesi ci hanno raccontato solo del viagra e delle calamite. Se la prendono con il tabaccaio, con il fioraio ma là c’era una caserma dei carabinieri, c’era la polizia. Il luogo brulicava di servizi segreti”.
Lei invece che idea si è fatto?
“Le protezioni sono di tipo verticale, non orizzontale. C’è un clima che non funziona. In Sicilia alla Regione c’è Schifani, Il Pd si dice stupito per l’addio di Chinnici ma si dimentica di averla pescata nella Giunta che fu di Lombardo. In Forza Italia i dirigenti sono sempre gli stessi”.
Ma la consapevolezza degli elettori?
“Credo che rispetto a qualche decennio fa ci sia più consapevolezza ma negli ultimi anni c’è molto conformismo. Non basta dire che la mafia fa schifo. Oggi anche i mafiosi gridano la mafia fa schifo. Lo disse anche Cuffaro quando venne incriminato. C’è il poco sapere. La guerra dello Stato contro la struttura militare cortonese è stata stravinta ma quella mafia cortonese rappresenta una straordinaria e spaventosa parentesi. Pensa che verso gennaio hanno arrestato a Palermo dei mafiosi di Mezzomonreale che dicevano intercettati che “Buscetta aveva 6 paia di coglioni così”. Il loro idolo era un pentito. La mafia dei pezzenti e degli emarginati. Anche Messina Denaro è un quasi morto di una mafia già morta”.
E questo ragionamento cosa dovrebbe insegnare all’antimafia
“Il tema è che la cultura della legalità non ha portato ai risultati che speravamo. Non basta la repressione: la testa delle persone non è cambiata perché evidentemente la mia generazione ha sbagliato qualcosa, qualcosa di veramente importante nel proporre una cultura antimafiosa della legalità. L’antimafia ha questo grosso limite: c’è un’antimafia con poco sapere. Se questo lo trasferisci in una commissione parlamentare diventa drammatico”.
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