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Uccisi per lo sciopero della fame. Ignorati gli altri Cospito d’Italia

“Mentre molta doverosa attenzione è stata riservata allo sciopero della fame nel caso di una persona detenuta al 41-bis, con interrogativi che hanno anche coinvolto il mondo della cultura e l’opinione pubblica, oltre che le Istituzioni, nella Casa di reclusione di Augusta il silenzio ha circondato il decesso di due persone detenute avvenuto a distanza di pochi giorni, ambedue in sciopero della fame rispettivamente una da 60 giorni e l’altra da 41 giorni”, ha commentato così Mauro Palma, il Garante nazionale delle persone detenute e private della libertà, la notizia della morte di due detenuti, avvenuta a pochi giorni di distanza l’una dall’altra, nel carcere di Brucoli.

Sciopero della fame nel carcere di Augusta. Due ergastolani si sono lasciati morire di stenti. Ma le loro storie non fanno notizia e a nessuno importa

In due settimane i detenuti sono morti in ospedale per gli effetti del loro sciopero della fame. Liborio Davide Zerba, 45enne di Gela, stava scontando l’ergastolo ed era in sciopero della fame da 41 giorni. Victor Pereshchako, cittadino russo, era stato condannato all’ergastolo e dal 2018 chiedeva l’estradizione per poter scontare la pena nel suo paese. È morto dopo 60 giorni di sciopero della fame. Su entrambi i decessi indaga “contro ignoti” la procura di Siracusa. La notizia, diffusa dal sindacato di Polizia penitenziaria (Sippe), il Garante nazionale dei detenuti che sul punto “richiama l’attenzione pubblica sulla necessità della completa informazione che deve fluire dagli Istituti penitenziari all’Amministrazione regionale e centrale affinché le situazioni problematiche possano essere affrontate con l’assoluta attenzione che richiedono”.

ll Garante nazionale nel suo comunicato “non intende assolutamente sollevare problemi relativi all’assistenza che queste persone possono avere avuto nell’Istituto e all’adempimento dei protocolli che sono previsti in simili casi. Intende però richiamare – conclude la nota – la necessità di quella trasparenza comunicativa che, oltre a essere doverosa per la collettività, può anche aiutare a trovare soluzioni in situazioni difficili perché non si giunga a tali inaccettabili esiti”. Il senatore Antonio Nicita (Pd) ha presentato una interrogazione al Governo. Chiede di conoscere quali misure urgenti il Ministro competente intenda adottare “per intervenire su una situazione di evidente crisi che era già stata, peraltro, segnalata dal senatore Nicita e da altri colleghi in una interrogazione nei mesi scorsi”.

A quell’interrogazione il Governo aveva risposto solo sul piano delle risorse umane addizionali che dovrebbero essere garantite in un prossimo futuro e non anche sul piano dell’assistenza sanitaria e psicologica. “I nuovi gravissimi fatti rendono del tutto insoddisfacente l’attenzione che il Governo finora ha riposto sulla vicenda. Seguiranno nuove ispezioni”, spiega il senatore Nicita. Nel 2022, 84 persone si sono uccise in carcere. È il numero più alto dal 2000, quando si è cominciato a registrare questo dato. Tredici suicidi ogni 10 mila persone detenute.

A differenza del caso Cospito questi muoiono nell’indifferenza generale, non scaldano le opinioni della stampa e della politica, non muovono solidarietà al di fuori delle associazioni che nelle carceri e con le carceri faticosamente lavorano da anni. Troppo facile capirne le motivazioni: il carcere sale alla ribalta solo quando è utile allo scontro politico. Sulla pelle dei carcerati si giocano dispute che non hanno nulla a che vedere con le detenzioni e con le persone detenute. Così nel Paese che si è accapigliato su Cospito si può morire meritando solo qualche riga senza provocare nemmeno un’alzata di ciglio.

 

 

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