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C’era una volta Prima gli italiani. L’alluvione spazza via l’ultimo slogan delle destre

L’hanno ripetuto allo sfinimento “prima gli italiani”. “Prima gli italiani” era il mantra inserito in qualsiasi discussione per evidenziare la presunta incapacità dei loro avversari politici. Bisognava aiutare una popolazione in difficoltà o bisognava accogliere dei rifugiati? “Prima gli italiani”, urlavano a squarciagola. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni – in buona compagnia del suo alleato Salvini – era pronta a perlustrare i cassonetti della cronaca nera pur di dimostrare che si spendevano soldi per “aiutare gli stranieri mentre gli italiani di casa nostra sono indigenti e i terremotati sono ancora nelle tende”.

Sulle armi all’Ucraina imposte dalla Nato il Governo non bada a spese. Ma per gli sfollati dell’alluvione c’è solo un terzo del necessario

Il benaltrismo funziona, ma solo se si è all’opposizione. Per questo con l’Italia travolta dal fango e con migliaia di sfollati che non riescono a trovare la speranza per dirsi che ce la faranno a ripartire ora quel “prima gli italiani!” ha l’effetto di un boomerang. I romagnoli con la faccia che lacrima terra e pioggia sono l’esempio perfetto delle difficoltà su cui questa destra ha costruito il suo impero di consenso. Se al governo al posto di Matteo e Giorgia ci fosse stato chiunque altro i social vomiterebbero ogni secondo la lista della spesa da sbattere in faccia con l’accusa di mancanza di amore della Patria. Farla ora è facilissimo.

Il decreto del Consiglio dei ministri per l’alluvione è un compitino senza nessuno slancio. Lo sa benissimo Giorgia Meloni che infatti manda in avanscoperta a chiarire che “i risarcimenti per tutto quello che stiamo vedendo ovviamente non si esauriranno con il decreto di oggi. Ci saranno le stime, le quantificazioni, ci sono le strade da ripristinare. Adesso siamo ai primi provvedimenti che riguardano i mutui, i pagamenti da bloccare, le cose che purtroppo conosciamo in queste occasioni che non sono uniche nella storia del Paese”.

Prendere tempo è la strategia, la solita. Non si può non notare però che questo Consiglio dei ministri sia arrivato tardi perché – dicevano – serviva il tempo per riuscire a fare qualcosa di speciale. Di speciale non c’è nulla. Si parte dal nome del decreto, perché i nomi sono importanti: “decreto alluvioni”. L’importante è evitare qualsiasi possibilità di collegamento con la tragedia in Romagna con la crisi climatica. È un tamponare una diga con i tappi di sughero: la politica del raccontare le alluvioni come un fatto “eccezionale” è il primo enorme errore.

Immersi nella loro propaganda dalle parti del governo temono che prevenire sia un sinonimo di presagire e non vogliono essere uccelli del malaugurio. È sostanzialmente la strategia che avrebbero voluto attuare per il Covid: aspettare che passi. Così il famigerato decreto Alluvioni è una lunga lista di soluzioni emergenziali che servono, eccome, ma che tradiscono la mancanza di qualsiasi disegno politico. “Prima gli italiani!”, dicevano ma ora che sono loro al posto di quelli impallinavano rispondono allo stesso modo: “Non ci sono soldi”.

Il viceministro dell’Economia, Maurizio Leo, ha detto che “il governo sta pensando a risorse provenienti da lotterie aggiuntive e dal ricavato delle aste di auto sequestrate alla criminalità organizzata”. Ricostruire una regione in ginocchio con i soldi delle lotterie e con i soldi (che da sempre non si riescono a ottenere) dalle aste di auto rende perfettamente l’idea del navigare a vista senza una traiettoria. “Complessivamente questo primo provvedimento prevede uno stanziamento di oltre 2 miliardi di euro per le zone colpite”, dice la presidente Giorgia Meloni. 2 miliardi di euro nel bilancio dello Stato, cari populisti sovranisti, sono briciole.

Si potrebbe a questo punto stendere un editoriale facile come quelli che appaiono nei quotidiani megafoni di questo potere. Due miliardi di euro sono 1/7 dei costi per il trasognato Ponte sullo Stretto che state regalando a Salvini per farlo giocare a fare il ministro. Due miliardi di euro sono meno di un decimo rispetto a ai 26,5 miliardi stimati di spesa militare per accontentare il ministro della Difesa Guido Crosetto. Compriamo elicotteri con i soldi che basterebbero per rimettere in piedi tutti gli agricoltori, tutti i cittadini, tutte le strutture pubbliche delle prossime 15 alluvioni.

“Prima gli italiani” diventa un “prima i nostri italiani”: persino Stefano Bonaccini rimane in bilico come commissario per l’emergenza, quando da sempre il presidente di Regione è stato il nome indicato. “Prima gli italiani”, urlavate, e ora per non regala uno spicchio di visibilità a quello che voi considerate un avversario (anche con gli stivali pieni di fango) siete pronti a pensare “prima ai vostri amici di partito”.

Siete così preoccupati degli italiani sfollati che avete trovato il tempo di inserire nel decreto anche una bella norma per i rigassificatori: una semplificazione della “disciplina in materia di realizzazione di nuova capacità di rigassificazione nazionale e si qualificano come opere di pubblica utilità, indifferibili e urgenti, quelle a ciò finalizzate mediante unità galleggianti di stoccaggio e rigassificazione“, come riferisce il comunicato di Palazzo Chigi. “Prima gli italiani”, urlavate e invece questo governo è smascherato: gli italiani sono lì a sperare nei riavi del Superenalotto per ricomprarsi la casa.

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