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Ingiusta detenzione ad Abu Dhabi. L’incredibile storia di Costantino: 21 mesi in cella coi topi

Ve lo ricordate Andrea Costantino? Circa sei mesi fa il trader milanese arrestato in un hotel di Dubai di fronte alla compagna e alla figlia è stato liberato dopo 21 mesi di prigionia. L’accusa era di presunti traffici petroliferi con lo Yemen. Ventidue mesi di carcere di cui quindici nelle celle degli Emirati nel carcere di massima sicurezza di Al Wathba: “La detenzione è stata più che orribile – raccontò all’Adnkronos lo scorso 24 dicembre l’imprenditore – sono stato morso dai topi, detenuto in una cella da 4 con altre 14 persone, il cibo ci veniva dato per terra. Ho visto il mio avvocato solo una volta in più di un anno di carcere. Un’esperienza incancellabile nel senso negativo del termine”.

Il trader milanese Andrea Costantino arrestato a Dubai è stato liberato dopo 21 mesi di prigionia tra i topi

Prima del suo rientro in Italia Costantino è stato “detenuto” in una dependance dell’ambasciata italiana ad Abu Dhabi. Alla sua liberazione hanno lavorato – lo racconta lui stesso – “il direttore generale per gli italiani all’estero della Farnesina Luigi Maria Vignali, l’ambasciatore italiano Lorenzo Fanara, e Matteo Salvini”. Disse Costantino: “Matteo nazionale (Salvini, ndr) mi ha scritto cinque minuti dopo (la notizia che sarebbe stato liberato, ndr) dicendomi: ‘ottima notizia, adesso brinderemo con rigoroso vino italiano’…”.

E la Presidenza del Consiglio? “Esprime soddisfazione perché, in questa vigilia di Natale, l’imprenditore italiano Andrea Costantino è rientrato in Italia e ha potuto riabbracciare i suoi cari. Ringrazia in particolare il ministro degli Esteri e la rete della Farnesina, i Servizi di informazione e sicurezza e le Autorità degli Emirati per il buon esito della vicenda”, fece scrivere in una nota la premier Giorgia Meloni.

Il trader ora chiede giustizia per quei due anni persi per l’accusa mai dimostrata di finanziamento del terrorismo

Ma veniamo a oggi. Costantino decide di chiedere giustizia per quei due anni persi per l’accusa mai dimostrata di finanziamento del terrorismo in Yemen. Lo scorso 15 maggio fa scrivere una lettera di avviso di contestazione dallo studio GST di Miami con sede a Washington nei confronti degli Emirati Arabi.

In un’intervista a Ofcs Report racconta però che alcuni “apparati” dello Stato italiano gli abbiamo chiesto di ritirare la contestazione perché “potrebbe creare problemi con il partenariato con gli Emirati, problemi economici, questa la loro preoccupazione”. A proposito di apparati il trader racconta anche di dover “restituire” i 500mila euro che lo Stato italiano ha anticipato per la sua liberazione. Ma che c’entra Costantino con la politica tra Italia e Emirati Arabi? L’unica cosa che si può fare è mettere in fila alcuni episodi che suggeriscano una chiave di lettura.

Nel 2019 il primo governo di Giuseppe Conte aveva parzialmente sospeso l’esportazione di armi negli Emirati Arabi per il loro coinvolgimento in Yemen e poi nel 2021, durante il secondo mandato del premier pentastellato, era stato disposto il blocco totale. L’arresto di Costantino potrebbe essere una delle molte ritorsioni di quel periodo, come accadde per l’aereo militare italiano a cui venne negato il sorvolo dello spazio aereo emiratino con 40 giornalisti e militari a bordo. Con l’insediamento del governo Meloni la questione della vendita di armi agli Emirati Arabi è stata sistemata revocando il divieto di vendita.

Ma Palazzo Chigi non condivide la sua azione legale

Tra febbraio e marzo prima il ministro della Difesa Guido Crosetto e poi la presidente Meloni sono stati amichevolmente accolti a Abu Dhabi anche per ridare slancio all’export di armi italiane. Ingenuamente Costantino è convinto di avere il diritto di ottenere giustizia. Ieri una nota di Palazzo Chigi precisa che “le dichiarazioni e le iniziative giudiziarie annunciate da Andrea Costantino nei confronti degli Emirati Arabi Uniti non sono condivise dal governo italiano che coglie l’occasione per ringraziare gli Emirati Arabi Uniti per la collaborazione dimostrata nel caso, prova dell’amicizia con l’Italia”. Prima gli italiani, dicevano. Ovviamente dopo le armi.

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