Con qualche giorno di ritardo anche gli altri giornali si accorgono che l’improvviso amore della presidente del Consiglio Giorgia Meloni per la Tunisia e per l’Africa sia figlio di un progetto di scambio: noi le diamo soldi europei e ci diamo da fare per sbloccare i quasi due miliardi da Washington attraverso il fondo monetario internazionale e voi tunisini vi fate carico della partenze di immigrati che vorrebbero entrare in Europa fermandoli in modi più o meno legali. Il tutto condito da una parvenza di ritorno della democrazia in un Paese sprofondato nell’autarchia.
L’improvviso amore del premier Giorgia Meloni per la Tunisia e per l’Africa è figlio di un progetto di scambio
Del resto i 900 milioni di euro promessi dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, accompagnata dal primo ministro olandese Mark Rutte e da Giorgia Meloni, sono un buon prezzo per sporcarsi le mani di sangue facendo il lavoro sporco che l’Unione europea vorrebbe fare ma non può permettersi di fare. Per questo si subappalta la frontiera a Paesi in cui il controllo dei diritti è sfiancato da democrazia latente e da controlli complicati.
Il quadretto sarebbe stato perfetto, per la gioia dei sovranisti europei, se non fosse che che il premier tunisino Kais Saied ha imparato in fretta come si comporta il vero autocrate che ricatta l’Europa per mungere più soldi, ispirandosi probabilmente ai libici o all’Erdogan di turno. “La Tunisia non può fare da guardia di frontiera”, ha detto il presidente tunisino prima di incontrare i leader europei. Ovvero: è disposto a fare il lavoro sporco ma servono più soldi.
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