Milionesima puntata in cui la pietà umana – dovuta a Berlusconi come a chiunque muoia in questo mondo – diventa il viatico di una santificazione. “Non è il tempo dei giudizi” dicono in coro a reti unificate e mentre lo ripetono hanno già cominciato a riscrivere la storia degli ultimi trent’anni.
Forse c’è qualcuno davvero convinto che il giudizio su cosa sia stato Silvio Berlusconi per questo Paese abbia bisogno di elementi in più rispetto a quelli che già abbiamo. Silvio Berlusconi è stato il peggiore politico italiano dopo le stragi del 1992 e ribadire il giudizio politico è un dovere civile, anche se con la tristezza che accompagna ogni morte.
Silvio Berlusconi è stato l’anello di congiunzione tra la P2 e la cosiddetta Seconda Repubblica che altro non era che il secondo tempo della Prima. Silvio Berlusconi è stato l’artefice della normalizzazione dei rapporti con la mafia (attraverso Marcello Dell’Utri) raccontati come inevitabili inciampi per un politico di successo. Silvio Berlusconi è stato il peggiore interprete della coercizione della cosa pubblica a fini privati: un rullo compressore che ha demolito leggi per difendere sé stesso e le sue aziende dai processi.
Silvio Berlusconi ha sdoganato i post-fascisti, ha reso pop la bava sui corpi delle donne, ha elevato la menzogna a sistema di governo, ha portato il Paese al tracollo finanziario, ha legittimato l’evasione fiscale. Ricordarlo come un vecchietto indifeso o, peggio, uno statista non possiamo concederlo. È un dovere civile. Come le condoglianze.
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