Il post alluvione in Romagna non si è risolto, nonostante sia scomparso dal dibattito pubblico. Molte le case inagibili, molte le infrastrutture fuori uso, molte le attività che ancora non vedono la luce. Poiché non ci sono più foto disperate da usare come corredo di articoli che descrivano la criticità della situazione la notizia scivola nelle seconde pagine, scritta piccola, in basso, come se fosse semplicemente una diatriba politica e lì in mezzo con i piedi nell’acqua non ci fossero ancora le persone.
Ieri il presidente dell’Emilia Romagna Stefano Bonaccini ha spiegato che la priorità sarebbe almeno ricostruire le strade comunali. «Ma per queste i soldi non ci sono», ha spiegato. «I fondi per l’emergenza sono già stati spesi tutti», dice Bonaccini e i sindaci hanno già anticipato migliaia di euro che comunque non sono bastati.
Incredibile ciò che raccontano il sindaco di Cesena Enzo Lattuca e il sindaco di Ravenna Michele De Pascale: «I cantieri che abbiamo aperto – dicono – e per i quali siamo stati oggi redarguiti sono cantieri di somma urgenza”. Lattuca afferma che il governo ha avuto da ridire. «Ci hanno detto che prima di aprire i cantieri dovevamo concordare gli interventi col governo. Noi abbiamo risposto – conclude Lattuca – che questi interventi non si concordano prima, si effettuano perché sono di somma urgenza a prescindere dal fatto che non siano finanziati dal decreto». Sono stato “sgridato”, aggiunge, perché ci siamo permessi di ricostruire.
Sullo sfondo rimane la nomina non ancora arrivata di un commissario che potrebbe sciogliere gli inghippi avendo mano libera. La nomina non arriva perché sulla ricostruzione in Emilia Romagna la maggioranza di governo vuole giocarsi la possibilità di capitalizzare il disastro per le elezioni che verranno. Ma poiché la maggioranza è molto più sfilacciata di quel che dice non riesce o trovare una sintesi nemmeno nello sciacallaggio politico.
Siamo a metà giugno. L’alluvione è iniziata il 2 maggio.
Buon venerdì.
foto di Caterina Spadoni