Disprezzare è un diritto. È sconveniente odiare, anche perché spesso l’odio trascina in atteggiamenti pericolosi se non addirittura illegali. È immorale instillare odio verso qualcuno – soprattutto in base al suo genere, la sua religione o la sua provenienza – ed è immorale delegittimare qualcuno con argomentazioni false e strumentali. È illegale accusare qualcuno di reati che non ha mai commesso. Disprezzare qualcuno è un diritto, con buona pace dei moralisti che, gratta gratta, sono i maggiori utilizzatori di odio nel loro agire giornalistico o politico.
I medici durante la pandemia non avevano il diritto di essere amati né onorati. Molti trovavano che fosse di buonsenso ringraziarli per gli sforzi che hanno messo in campo, ma non c’è l’obbligo di aderenza ai loro modi e alle loro opinioni. Ciò che faceva (e fa) schifo era accusarli di complotti inesistenti o peggio ancora accusarli di essere corresponsabili di un omicidio collettivo che invece – numeri alla mano – è stato una salvezza.
I “buonisti” chiedono i diritti anche per i migranti
Nessun “buonista” pretende che gli stranieri vengano “amati”. Si richiede che godano dei diritti universalmente riconosciuti a ogni persona nel mondo, si pretende che possano godere della protezione prevista dalle leggi nazionali e internazionali. Si pretende che il fomentare disprezzo non sia il viatico per arrivare all’odio e poi condonare xenofobia, razzismo e trattamenti contro le leggi. E infatti tutto questo rientra nell’alveo dei reati.
Le parti politiche hanno il diritto di esercitare il loro ruolo sancito dalla Costituzione. Non hanno il diritto di essere “apprezzate” al di là di tutto. Disprezzare i contenuti politici di un qualsiasi partito è un diritto dei cittadini. Ciò che conta è che quel disprezzo non esondi in atteggiamenti diffamatori o calunnie. L’essere “dialoganti” non è una qualità oggettiva. È una modalità che molti perseguono, a cui aspirano, ma non è obbligatoria. In un Paese che vorrebbe criminalizzare il conflitto a tutti i livelli “non essere d’accordo” è un diritto sancito dalla Costituzione.
La morte salva tutto? Un’idea che non può essere imposta
La pax invocata dopo la morte di Silvio Berlusconi (prendiamo lui come esempio, ma vale per la morte di tutti i personaggi pubblici che sono stati divisivi nella vita e quindi lo inevitabilmente lo sono anche dopo la morte) è una truffa. Decidere in nome di una democristianissima abitudine che la morte “salvi” dalle critiche è un’idea legittima che non può essere imposta. Il “perbenismo delle opinioni” è un narcotizzante inventato spesso da coloro che in nome di una posizione terza vogliono apparire superiori perché in grado di dialogare con tutti. Quella mediazione per alcuni – a buon diritto – può essere un compromesso che merita disprezzo.
Esattamente quando è diventato un reato non scritto il provare schifo? Quando si è deciso che la “buona educazione” consista nell’ingoiare di tutto senza mai un lamento? Perché chi ha argomentato il proprio disprezzo per Silvio Berlusconi deve essere trattato come “un nemico dello Stato”? Perché un leader politico dialogante viene considerato “smunto” e un privato cittadino che detesta è un brigatista della morale?
Forse il tema è la pratica dell’ipocrisia. Quella sì, immorale
Scrive Zygmunt Bauman: «Penso che la cosa più eccitante, creativa e fiduciosa nell’azione umana sia precisamente il disaccordo, lo scontro tra diverse opinioni, tra diverse visioni del giusto, dell’ingiusto, e così via. Nell’idea dell’armonia e del consenso universale, c’è un odore davvero spiacevole di tendenze totalitarie, rendere tutti uniformi, rendere tutti uguali». Ryszard Kapuściński spiegava che «una rivoluzione è invariabilmente lo scontro fra due forze: la struttura e il movimento. Il movimento attacca la struttura cercando di distruggerla; la struttura si difende, cercando di annientare il movimento». Un’ultima osservazione: perché gli annientatori dei giudizi conflittuali di questi giorni sono gli stessi che si sbellicano per nobilitare altri conflitti? Allora forse il tema non è il diritto al disprezzo. Forse il tema è la pratica dell’ipocrisia. Quella sì, immorale.
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