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I dispersi del Titan sono naufraghi di prima classe

C’è un’imbarcazione in difficoltà in mezzo al mare. A 640 chilometri di distanza dall’isola canadese di Terranova, nel nord dell’Atlantico, il sottomarino Titan è disperso. Si sono, com’è nomale e giusto che sia, attivati tutti i soccorsi da giorni.

Per i ricchi spariti a bordo del Titan copertura mediatica e super soccorsi. Le migliaia di migranti annegati invece sono solo numeri

Una vera e propria armata internazionale di navi e aerei, quella che sta cercando l’imbarcazione di OceanGate, la compagnia proprietaria del sommergibile, con cinque persone a bordo. L’operazione di ricerca e soccorso è mastodontica. Un robot subacqueo scandaglia ogni metro. Giornali e televisioni ogni ora raccontano tutto quello che c’è da raccontare.

Sappiamo chi sono i naufraghi, sappiamo che lavoro fanno, sappiamo come siano composte le loro famiglie, il loro reddito, perfino i loro sogni e le loro aspirazioni. Però non c’è nessun editoriale che accusa i naufraghi di essersi messi in mare a proprio rischio e pericolo. Non c’è nessun politico che accusa i passeggeri di non essere rimasti a casa loro.

Non si trova mezzo articolo che monti una polemica sul costo dei soccorsi che devono pagare i contribuenti. La differenza tra le centinaia di vittime morte qualche giorno fa (e non ancora ritrovate) a Pylos e questa manciata di naufraghi è mostruosa.

La differenza di attenzione è l’indice del nostro razzismo. Qualcuno potrà obiettare che sono stranieri anche i passeggeri del sottomarino, come quelli in Grecia. Non è così: nei paesi razzisti sono stranieri solo i poveri. I ricchi sono cittadini del mondo, i poveri sono numeri da lasciare in fondo al mare.

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