Dopo i rave party, dopo gli orsi, dopo la sostituzione etnica e dopo un’innumerevole sfilza di argomenti di distrazioni di massa ieri la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha deciso di buttarsi sulla “droga” – come argomento – per rinverdire la propaganda spicci, fatta solo di luoghi comuni sputati come se si fosse al bar.
Così in occasione dell’evento alla Camera per la Giornata mondiale contro le droghe ha infilato una serie di panzane in cui riesce a prendersela con Netflix perché si è permesso di investigare nella vita e nei modi di Vincenzo Muccioli e della comunità di San Patrignano. Non contenta se la prende – i nemici come linfa vitale, siamo sempre lì – con quelli che spacciano «la droga come un forma di libertà» (ma chi sono? dove sono?) proclamando «finita la stagione dell’indifferenza, del lassismo, del disinteresse». In effetti tagliare la sanità e quindi la prevenzione e la riabilitazione sembra confermare la mendacia del proposito.
«Le droghe fanno male tutte, non esistono distinzioni, chi dice una cosa diversa dice una menzogna. Dire che ci sono droghe che possono essere usate è un inganno», dice Giorgia Meloni, provando ad alludere anche all’utilizzo di cannabis quando si debbano alleviare dolore (oncologico e non), disturbi cronici associati a sclerosi multipla o a lesioni del midollo spinale, malattie reumatiche e neuropatie. Finge di non sapere che nel marzo 2007 la rivista scientifica The Lancet ha pubblicato uno studio che evidenzia minore pericolosità della cannabis rispetto ad alcool (di cui questo governo è uno sponsor eccezionale), nicotina o benzodiazepine.
Dopo ore di banalità Riccardo Magi di +Europa decide di mostrare un cartello che recitava “se non ci pensa lo stato ci pensa la mafia”. «È stata una kermesse, – spiega Magi – non è stato un convegno, nella quale sono stati forniti all’opinione pubblica italiana da parte del governo e che sicuramente avranno la massima evidenza mediatica su giornali e telegiornali, i principali luoghi comuni e le principali fake news sul fenomeno del consumo delle sostanze stupefacenti in questo paese. Siccome noi crediamo che il governo abbia delle responsabilità serie nell’affrontare un fenomeno sociale serio come quello del consumo delle sostanze stupefacenti, a un certo punto dopo due ore non potevamo restare in silenzio e quindi abbiamo semplicemente esposto dei cartelli».
A questo punto la presidente del Consiglio si infiamma, diventa paonazza, impugna il microfono come una spada e comincia a urlare contro il parlamentare. Un’esplosione di volgarità nei modi e nei toni ben lontana dalla recitazione che Meloni si è imposta per apparire una papabile leader dei conservatori e non un’aizzapopoli tra i sovranisti. Basta osservarla qualche secondo per comprendere il motivo per cui Giorgia Meloni non tenga una conferenza stampa dai tempi della strage di Cutro. Lo schema è semplice: falsità propagandistiche e subito dopo incapacità di argomentare se viene smentita.
Buon martedì.