Lo scrive benissimo Giorgio Gori rispondendo a chi gli chiede perché il Partito democratico non dice che gli sbarchi sono più che raddoppiati: «Il problema, più ancora degli sbarchi, è la totale incapacità dell’attuale governo di gestire i flussi migratori, di organizzare un’accoglienza dignitosa, di attivare politiche di formazione e di integrazione, di evitare la moltiplicazione delle situazioni di irregolarità e illegalità, di costruire relazioni internazionali che consentano di realizzare gli eventuali rimpatri. Non che i precedenti governi abbiano brillato per visione ed efficienza, ma qui siamo allo sbando: sbarchi fuori controllo e nessuna capacità di governare il fenomeno».
All’opposizione vogliono rivendersi come i prossimi guardiani dei porti?
Nell’eterna discussione sull’immigrazione una parte grottesca dell’opposizione in questi giorni sta attaccando la presidente del Consiglio Giorgia Meloni e il suo governo perché «gli sbarchi sono raddoppiati e non ha mantenuto la promessa di chiudere i confini». La frase è scivolosa e pericolosa. Accusare la propria avversaria politica di non essere in grado di attuare l’empietà che aveva promesso è un’idiozia. A chi si parla svolgendo un’opposizione del genere? Ci si vuole rivendere come i prossimi guardiani dei porti?
Gli aspetti umanitari sono una questione pre-politica
Il punto che rende colpevole questo governo non è politico. Scivolare nella politicizzazione è il più grande favore che si possa fare a Matteo Piantedosi, Matteo Salvini, Giorgia Meloni e compagnia. Il cuore della questione è umanitario e gli aspetti umanitari, in qualsiasi democrazia sana, sono una questione pre-politica. I diritti umanitari non rientrano e non possono rientrare nelle legittime scelte politiche dei partiti e dei governi che si susseguono. L’elefante dentro la stanza non è come gestire i flussi migratori, ma come evitare le morti sulla rotta balcanica e sulla rotta mediterranea. Va detto e ripetuto con forza, ogni volta, in ogni dove.
Il gioco meschino di chi non si dichiara apertamente razzista
Confondere la discussione umanitaria con il diritto di ingresso in Europa è il gioco meschino di chi lucra sull’immigrazione perché non ha le palle di dichiararsi apertamente razzista. Salvare le persone che affogano in mare non è questione di leggi e regolamenti. Non è plausibile sopire i soccorsi per usare l’arma della paura (di morire) come deterrente delle partenze. Molte associazioni di diritti umani contestano al decreto che fu di Piantedosi esattamente questo: non si può regolamentare il salvataggio delle persone, non si può normare il dovere di portare dei naufraghi il più velocemente possibile nel porto sicuro più vicino possibile. Non è politica, è vigliaccheria.
Legalizzazione della disumanità come strumento di governo
Per questo fa specie ascoltare da certa opposizione l’accusa di non essere stati all’altezza della disumanità promessa in campagna elettorale. Ed è per questo che gli accordi per la ridistribuzione dei migranti in Unione europea non possono essere confusi con le persone che abbiamo il dovere di salvare dalle onde o dal gelo o dalle sevizie nei boschi. Si intravede una maggioranza trasversale (che attraversa i partiti di governo e qualcuno dell’opposizione) che legalizzerebbe la disumanità come strumento di governo. La differenza è tra chi ritiene inalienabile il diritto alla vita e chi invece lo ritiene negoziabile con gli interessi interni di una nazione.
Per quelli in mare da che parte si decide di stare? Quella è la linea
Sull’immigrazione si può discutere di tutto. Si potrebbe discutere degli hotspot “esterni” se la Libia non fosse un crogiolo di violenze e morte. Si potrebbe discutere del ruolo dei Paesi di frontiera se si risolvesse prima la loro inclinazione alla crudeltà. In Italia e in Europa ci si ostina a scavalcare il prerequisito essenziale di ogni proposta politica (il rispetto per la vita) come se la Convenzione europea sui diritti dell’uomo fosse semplicemente un decalogo di buoni propositi per la letterina di Babbo Natale. Gli sbarchi riguardano i già salvi. Per quelli in mare da che parte si decide di stare? Quella è la linea che divide le due parti.
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