A Troina, in provincia di Enna, in via Sollima nel rione San Basilio, c’è una donna che urla per chiedere aiuto e prova a ripararsi in un portone vicino a un supermercato. Si chiama Mariella Mariano, ha 56 anni e da lì a poco verrà raggiunta da almeno tre colpi di una pistola calibro 7,65. Il suo aggressore, Maurizio Impellizzeri, che di anni ne ha 59, ha diviso con lei molti anni della sua vita. È stato suo marito. Mariella l’aveva lasciato da circa un anno, ma Maurizio aveva deciso comunque di non lasciare la casa coniugale. Avrà pensato – come pensano in troppi – che occupare fisicamente spazi che non sono più abitabili come coppia fosse un modo per logorare la decisione della moglie. Avrà pensato che starle addosso avrebbe potuto sfibrarla, fare tornare indietro.
I carabinieri erano stati avvisati, eppure non è servito
Così alla fine a Mariella non è rimasto che trasferirsi dalla sua anziana madre. Ma Maurizio non si è arreso, tutt’altro. Così ha cominciato a perseguitarla. A ottobre del 2022 Mariella Mariano ha chiesto ai carabinieri di fare qualcosa, di farlo smettere. Ha raccontato anche alle forze dell’ordine che quel marito mai arreso le aveva promesso la morte. Lui viene condannato a 8 mesi – dopo un patteggiamento – per atti persecutori, ma quella frase («ti ammazzo») rimane appesa ai gangli della legge. Maurizio non ha precedenti penali e, soprattutto, non si riesce a ritrovare a casa sua nessuna arma durante le perquisizioni. Niente da fare, anche se nelle parole dell’ex marito – raccontata Mariella – c’era anche la modalità dell’omicidio promesso: «Ti sparo», diceva lui. E infatti le ha sparato.
Notizie uguali che imperversano quasi tutti i giorni
L’arma che non si trovava è spuntata poche ore dopo l’omicidio, ovviamente con la matricola abrasa. Troppo tardi. Lui ora si trova in carcere. Il suo avvocato di sempre si è rifiutato di difenderlo di nuovo, anche questa volta. La sua avvocata, Elvira Gravagna, ha rinunciato all’incarico. «Non me la sento», ha spiegato ai giornalisti. Racconta di avere raccomandato a Maurizio di stare alla larga di sua moglie, spiega che lui stava anche seguendo un corso di riabilitazione che evidentemente non ha funzionato. La notizia che leggete qui sopra ha tratti comuni con decine di notizie che imperversano quasi tutti i giorni. Cambiano le modalità, cambiano i nomi e i luoghi, come in un videogioco in cui si modificano le situazioni, ma il motore è sempre lo stesso, così ripetitivo che dopo qualche ora irrompe la noia.
Un femminicidio che presto finirà nelle cronache locali
Anche questo femminicidio, come accade per quasi tutti i femminicidi, quando questo articolo sarà pubblicato sarà scomparso dai giornali nazionali. Rimarrà a brandelli sulle cronache locali, lue uniche che riprenderanno poi il processo e scriveranno due righe sulla sentenza. Non so se possa essere considerata una colpa questa straordinaria capacità dei lettori italiani di ingoiare e digerire i femminicidi che si ripetono. Potrebbe essere una modalità di sopravvivenza a un’emergenza sempre così uguale da sembrare naturale. Tra gli ingredienti comuni troviamo la donna che chiede aiuto ma non ottiene protezione, c’è il marito che finge di volersi riabilitare e invece sta semplicemente covando e perfezionando il delitto, gli amici che si dicono stupiti anche se il copione è sempre lo stesso, la città introno che finge di non sapere che i potenziali omicidi sono in quelle case apparentemente tranquille che ogni sera chiudono ordinatamente le imposte.
I comunicati delle istituzioni sono sempre uguali
Il dipartimento della Pubblica sicurezza del ministero dell’Interno ha diffuso un documento che analizza il numero di femminicidi commessi nel periodo primo gennaio-16 luglio 2023: 173 omicidi totali, commessi da inizio anno, di questi 62 riguardano donne (49 precisamente in ambito familiare/affettivo). Sono 29 quelle morte per opera di partner o ex. Ogni articolo scritto su un femminicidio dura come l’acqua su una superficie liscia. Rimane nella pancia di Google, a disposizione dei pochi che fra qualche anno cercheranno «Mariella Mariano» per ricordarsi la fine che ha fatto. Ogni femminicidio viene accompagnato dai comunicati stampa delle istituzioni che sono ferocemente sempre uguali a sé stessi. Ogni volta si fa il conto delle vite che avrebbero potuto essere salvate. Raramente si capisce come avremmo potuto salvarle. Qualche settimana fa le prime pagine dei giornali erano invase dalle morbose curiosità intorno al femminicidio di Senago, dove Alessandro Impagnatiello ha ucciso la compagna incinta di sette mesi Giulia Tramontano. C’erano commenti sulla vita sessuale di lui, sulla casa di lei, sul sangue gocciolato sulle scale e sul cappuccio dietro al quale l’assassino si era nascosto. Dite la verità, ce ne eravamo già dimenticati. Chissà se è un crimine abituarsi al terrore.
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