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Con il reality presidenziale di Giambruno Rete4 torna ai tempi di Fede – Lettera43

«Moriremo retequattristi» è la dolente chiosa che il giornalista Sergio Scandura utilizza spesso sul suo account Twitter. Il retequattrismo del resto è un non luogo che negli anni si è costruito un’identità. Eravamo ragazzi e Rete 4, Canale 5 e Italia 1 venivano proposte come la modernità della televisione italiana, e col tempo abbiamo imparato a distinguerne le anime. Canale 5 e Italia 1 erano i canali delle trasmissioni sguaiate, della risata anabolizzata mentre Rete 4 appariva come la rete più rassicurante, rotonda. Poi con l’arrivo di Emilio Fede, parcheggiato là con la missione di condurre spudoratamente il telegiornale che Silvio Berlusconi sognava a rete unificate, il tratto distintivo è stato chiaro: era lì che si sperimentavano le formule possibili dell’occupazione del potere camuffato da informazione.

Con Giambruno Rete4 conferma la sua missione: fingere di informare concimando la propaganda

Sono passati gli anni, Pier Silvio Berlusconi ha mischiato le carte ma Rete 4 risale agli onori della cronaca come laboratorio. Identica la missione: fingere di informare mentre si concima la propaganda che serve al potere. Emilio Fede non c’è più, decotto e deluso dalla dipartita del padrone. A prendere il volo è Andrea Giambruno storico giornalista dell’azienda travolto da un’improvvisa popolarità. Giambruno è, più di tutte le altre cose, il compagno (duole chiamarlo così, come proprio non vorrebbe, ma la lingua italiana non lascia scampo alle famiglie non cristianamente naturali) della presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Meloni, a dire il vero, pretenderebbe di essere chiamata “il” presidente. La coppia suona ancora peggio: “il compagno del presidente del Consiglio” è una definizione a un passo dal burrone del demoniaco gender.

Con il reality presidenziale di Giambruno Rete4 torna ai tempi di Fede
Emilio Fede in una foto del 2010 (Imagoeconomica).

Se la moglie di Renzi avesse bacchettato un ministro straniero sarebbe scoppiato un caso diplomatico

Delle scorribande politiche di Giambruno nella sua striscia quotidiana Diario del giorno se ne è scritto parecchio in questi giorni. Urge però una prefazione: il compagno di un capo di governo a cui viene affidato un programma quotidiano di commento politico è roba degna delle autarchie che di solito osserviamo raccapricciati da lontano. Se Kim Jong-un facesse presentare una trasmissione alla moglie Ri Sol-ju sui nostri giornali fioccherebbero gli editoriali indignati che chiedono l’intervento dei Caschi blu dell’Onu. Non c’entra niente, ci dicono, perché Mediaset è una televisione privata, mica di Stato. Ci mancherebbe, si potrebbe rispondere. Ma che un imprenditorie televisivo non scorga un problema di autorevolezza e indipendenza è un sintomo dello stato del sistema dell’informazione. Tant’è che se il giornalista Giambruno bacchetta il ministro tedesco Karl Lauterbach la notizia c’è, eccome, e finisce nelle pagine di politica. E questo non accade perché «contro il compagno della premier stanno tutti lì con il dito puntato» come dicono dalle parti del governo: accade perché se la moglie di Draghi (o di Conte o di Renzi) avesse dato del coglione a un ministro qualsiasi avremmo avuto seri nodi diplomatici da sciogliere. Con una differenza sostanziale: quelle avrebbero potuto farlo a una cena tra amici, questo può permettersi di farlo su una televisione nazionale sotto il bollino del “programma di informazione”. Si coglie il dislivello?

Con il reality presidenziale di Giambruno Rete4 torna ai tempi di Fede
Giorgia Meloni e Andrea Giambruno al Quirinale (Imagoeconomica).

Lo stile alla Emilio Fede: postura amicale, deridere chi la pensa diversamente e gigioneggiare nel ruolo di ‘vicino al potere’

Giambruno nel giro di pochi giorni è riuscito a irridere il ministro tedesco e la Germania oltre ad avere confezionato un servizio con dati falsi per negare il cambiamento climatico. Roba da Emilio Fede, appunto, perché ne contiene tutti gli elementi: la realtà piegata alla propaganda, la postura amicale e rassicurante, la derisione di chi sostiene tesi contrarie e un certo gigioneggiare nel suo ruolo di “vicino al potere”. Ha il terrore di essere considerato un raccomandato: al Corriere della Sera aveva detto «ho dimostrato che, di tv, qualcosina capisco. Sono quasi 20 anni che la faccio. Primo giorno a Telenova, a 22 anni, mentre ancora studiavo all’università Cattolica», anticipando di non avere per niente compreso la delicatezza del suo ruolo. Anzi, nel corso delle dichiarazioni rilasciate al quotidiano, ribadiva che ogni critica ricevuta è in realtà un modo di ferire la compagna Giorgia Meloni, Presidente del Consiglio, di cui peraltro proprio lui ha diffuso per primo in onda il video-messaggio del Primo Maggio. «Cosa deve fare, deve smettere di lavorare?», mi dice indispettito un parlamentare di Fratelli d’Italia. Sì, forse sarebbe meglio. O forse qualcuno dovrebbe spiegare che logica ci sia nel sospendersi dalla conduzione del telegiornale Studio Aperto («una scelta presa insieme all’azienda per una questione di reciproca opportunità», disse a ottobre dell’anno scorso) per prendersi una striscia di approfondimento. Perché da fuori ha tutta l’aria di essere un reality presidenziale usato per diventare megafono della propaganda del potere. Ma sarebbe troppo per essere vero. O no? Anche per Rete 4.

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