È prevista domani la sentenza della Corte suprema del Regno Unito sul progetto di espulsione in Ruanda dei migranti voluto dal governo. Un modello di deportazione che piace moltissimo a Giorgia Meloni e ai suoi compagni di governo, pronti a ripetere l’esperienza con l’aiuto del presidente albanese Edi Rama. Come accade qui in Italia anche nel caso inglese si tratta di propaganda più che di amministrazione. Il governo britannico nei giorni scorsi ha riconosciuto che, nel caso in cui il sistema venga autorizzato, si tratterebbe di circa 300 persone all’anno per un massimo di quattro anni che il Ruanda sarebbe disposto ad accogliere.
Il giornalista del Guardian Malik e il sociologo olandese de Haas smontano l’intesa farsa Italia-Albania sui migranti
Numeri minimi, sostanzialmente insignificanti nella soluzione strutturale del problema. Il giornalista del Guardian Kenan Malik sulle pagine di ieri non ha potuto sorvolare sul parallelo italiano nei centri di detenzione che la presidente del Consiglio Meloni sogna in Albania. “I dettagli rimangono abbozzati, – scrive Malik – ma lo schema sembra essere una forma di elaborazione offshore – piuttosto che una semplice deportazione, come prevede la Gran Bretagna nel suo piano per il Ruanda – in base alla quale coloro che si dirigono verso l’Italia ma intercettati in acque internazionali devono essere detenuti in Albania e i loro casi ascoltati lì”.
Malik coglie il punto: perché Giorgia Meloni dovrebbe scegliere una soluzione costosa che non risolve il problema Secondo il giornalista “l’Italia come la Gran Bretagna e molte nazioni occidentali, sta trasformando la politica dell’immigrazione in una performance pubblica”. Si tratta però degli stessi governi che cercano disperatamente manodopera immigrata per soddisfare il mondo del lavoro. In Italia la quota di lavoratori non Ue con permessi di lavoro si è esaurita in un’ora. Il presidente ungherese Viktor Orbán, che della lotta ai migranti ne ha fatto una bandiera politica, ha preparato piani per accettare mezzo milioni di extracomunitari.
Una chiave di lettura di questa schizofrenia politica la offre il saggio del sociologo olandese Hein de Haas nel suo nuovo libro How Migration Really Works: “Le democrazie liberali affrontano un trilemma di conciliazione di tre obiettivi distinti: il bisogno economico di manodopera migrante; il desiderio politico di essere visti come abili difensori dall’immigrazione; e il bisogno morale di trattare i migranti e i richiedenti asilo come persone con diritti e dignità”. Spiega de Hass: “L’apparente impossibilità di raggiungere tutti e tre ha portato i governi a perseguire una politica chiara di essere dura sull’immigrazione, una politica spesso segreta di aumento dei flussi netti di immigrazione e la volontà di sacrificare i diritti dei migranti e dei richiedenti asilo alle esigenze economiche e politiche”.
All’Italia e non solo serve manodopera straniera. Ma attua politiche inumane per oscurare i problemi sociali
De Haas sbriciola abilmente la miriade di miti in cui sono radicati i nostri atteggiamenti contraddittori nei confronti dell’immigrazione. Immigrazione fuori controllo? Il numero di persone che si muovono in tutto il mondo è certamente aumentato ma come percentuale della popolazione globale è rimasto costante nei decenni a circa il 3%. De Haas mostra che non c’è stato un aumento a lungo termine del numero di rifugiati e che i rifugiati costituiscono solo lo 0,3% della popolazione globale. Spiega anche che l’immigrazione non è responsabile di salari più bassi, disoccupazione più alta, aumento dei tassi di criminalità o mancanza di alloggi a prezzi accessibili nei paesi ospitanti. “La crudeltà nei confronti dei migranti e dei richiedenti asilo diventa il mezzo per oscurare i problemi sociali in patria”, spiega il sociologo. E anche in questo Giorgia Meloni sta facendo scuola.
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