La presidente del Consiglio Giorgia Meloni ieri ha rilasciato un’intervista alla trasmissione radiofonica No stop news su Rtl 102.5 in cui ha affrontato i temi politici più scottanti degli ultimi mesi, dalla riforma costituzionale al salario minimo. Abituata a conferenze stampa senza stampa o a più agevoli lettere ai giornali, ieri Meloni ha citato dati che Carlo Canepa per Pagella politica ha verificato.
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Sul salario minimo, ad esempio, la presidente del Consiglio ha utilizzato un refrain molto in voga tra coloro che osteggiano la misura: “Per paradosso – ha detto Meloni – il Salario minimo rischia di abbassare il salario di molta gente che oggi si trova con un salario superiore”. Una delle fonti più autorevoli e citate sull’impatto del Salario minimo è il rapporto realizzato nel 2019 per il governo britannico dall’economista Arindrajit Dube, professore di Economia alla University of Massachusetts Amherst, tra i massimi esperti al mondo di Salario minimo.
Studi alla mano, Dube spiega che non ci sono dubbi sul fatto che il salario minimo aumenti le retribuzioni dei lavoratori con paghe sotto il suo livello. Nella letteratura scientifica a oggi non ci sono evidenze – come scrive Pagella politica – che il salario minimo porti a un generale aumento dei salari anche tra i lavoratori non interessati direttamente dalla misura, o a un loro abbassamento. È fuorviante anche la frase con cui Meloni accusa sul salario minimo Pd e M5S (“oggi Movimento 5 Stelle, Pd ci dicono che il salario minimo è l’unica vera cosa che va fatta in Italia. In dieci anni che sono stati al governo non gli è mai venuta in mente di farla”): il M5S è stato al governo non dieci ma quattro anni (2018/22) tra l’altro con tre governi diversi mentre negli ultimi dieci anni il Pd è stato invece al governo da aprile 2013 a giugno 2018. Il primo e il secondo governo Conte avevano tra gli obiettivi di governo l’introduzione del Salario minimo.
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È una falsità già sentita anche quella sulla riforma del premierato. Meloni dice: “Con la riforma del premierato noi non abbiamo toccato i poteri del Presidente della Repubblica”. Come sottolinea Canepa se la riforma fosse approvata così come è stata proposta dal governo (il percorso di approvazione è ancora lungo e potrà prevedere un referendum), il capo dello Stato non nominerà più il presidente del Consiglio, non avrà la possibilità di sciogliere una sola delle camere, non potrà incaricare un tecnico di formare un nuovo governo e non potrà più nominare i senatori a vita.
Fumo anche sui soldi alla sanità. “Sulla sanità abbiamo fatto un aumento del fondo sanitario, che lo porta al massimo storico, mai visto prima”, dice Giorgia Meloni. La presidente del Consiglio però sa benissimo che gli stanziamenti di fondi per il Ssn raggiungeranno il valore in assoluto più alto mai toccato, ma altri governi hanno stanziato più risorse anno su anno sulla sanità e, se si tiene conto del forte aumento dell’inflazione, buona parte delle nuove risorse servirà a compensare l’aumento generale dei prezzi. Infine, se si considera il dato in percentuale al Pil, il livello della spesa sanitaria non sarà il più alto di sempre, ma tornerà sui livelli precedenti alla pandemia di Covid-19.
Lo sciopero dei medici e degli infermieri di tre giorni fa dimostra plasticamente come i numeri assoluti siano semplicemente uno specchietto per le allodole. Infine falso e grave è che Meloni parli di “una piccola, piccolissima parte anche se rumorosa della magistratura che per ragioni ideologiche ritiene di dover fare altro rispetto al suo ruolo, disapplicando provvedimenti del governo”: la disapplicazione delle leggi del governo è dovuta alla loro inapplicabilità, non ai giudici.
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