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Salis e il garantismo di fango di Salvini

Matteo Salvini ci tiene a farci sapere che esistono cose ben più gravi dell’italiana Ilaria Salis detenuta nelle galere di Orbàn in Ungheria senza tutele giuridiche, senza potersi difendere in un giusto processo e legata come un cane al guinzaglio con catene alle mani e ai polsi. 

Ieri il ministro alle Infrastrutture – sempre pronto a buttarsi nella mischia dalla parte sbagliata – ha estratto dal cilindro una vicenda giudiziaria che ha visto protagonista Ilaria Salis in Italia. Il leader della Lega ci tiene a farci sapere che Salis «è finita a processo» per avere «assaltato il 18 febbraio 2017, a Monza, un gazebo della Lega». «Il fatto che sia a processo anche in Italia per altri episodi di violenza e altre aggressioni sicuramente è spiacevole», dice Salvini. 

Di cosa sta parlando? Di una vicenda per cui non solo Salis è stata assolta ma, addirittura, la giudice Maria Letizia Borlone del Tribunale di Monza nelle motivazioni della sentenza evidenzia che la 39enne ha impedito che le violenze contro il banchetto della Lega proseguissero mettendo il «braccio dietro la schiena ad un giovane che aveva appena buttato a terra la bandiera leghista, come ad invitarlo a proseguire nel corteo».

La sentenza, riporta LaPresse, è datata 1 dicembre 2023 e ha assolto per non aver commesso il fatto la 39enne antifascista e altri tre coimputati, tutti accusati di violenza privata e danneggiamento. Secondo la sentenza, che si basa in particolare sulle immagini fotografiche e video girate il 18 febbraio 2017, nessuno degli imputati avrebbe «partecipato all’azione delittuosa commessa dai compagni di corteo, né pare averli in qualche modo incoraggiati o supportati moralmente».

Ma il fango intanto è sparso. 

Buon giovedì. 

 

In foto il murales di Laika dedicato a Ilaria Salis

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