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Quelli che vorranno la palla al centro. Riflessioni a caldo sull’Abruzzo

Ogni volta che una Regione va al voto per chi vince è il sintomo di un vento nazionale e per chi perde è solo una partita locale. A destra si sono sgolati per dire che il voto in Sardegna non sarebbe stato fioretto di nulla e stanotte ci hanno spiegato che l’Abruzzo sancisce la fine del “campo largo che non ha futuro”. 

Provando a stare nel mezzo i segnali che arrivano dalla riconferma di Marsilio, prima delle analisi che oggi si moltiplicheranno, sono di un presidente riconfermato per la prima volta in 30 anni di alternanza, evidentemente ben giudicato dai suoi cittadini. Qui si scrive dei pochi pochissimi cittadini che sono andati a votare, crollati nei numeri rispetto alle elezioni precedenti. Il callo all’astensionismo però ormai è fatto e il tema è scomparso. 

Altri segnali, la Lega di Matteo Salvini ingoiata dagli alleati è ormai una china. Perfino Forza Italia riesce a lucrare sul declino del ministro dei Trasporti. Tra i leghisti ci si chiede se valga davvero la pena lasciare cuocere il leader così a lungo, buttando via anche le prossime elezioni europee che potrebbero segnarne la fine. 

Dall’altra parte il cosiddetto campo largo perde lo smalto che aveva fino a poche ore fa. Per il M5s i numeri che escono dalle urne abruzzesi smussano non poco le fregole da federatore di Giuseppe Conte. Ora all’ex presidente del Consiglio tocca decidere se sta dentro o fuori a un progetto che richiede lealtà. Per la segretaria dei dem Elly Schlein ricominceranno le martellate della minoranza nel suo partito che preferirebbero una coalizione che guardi solo al centro (perdente, dicono ancora i numeri di ieri). Non è una palla al centro ma qualcuno ci proverà. 

Buon lunedì. 

Nella foto: da sinistra Marco Marsilio e Luciano D’Amico (frame da video)

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