L’economia di guerra potrebbe fare esplodere il debito pubblico. A certificarlo non è una sparuta minoranza di pacifisti ma l’agenzia di rating Moody’s. I ministri degli esteri della Nato hanno iniziato ieri la discussione di un piano da 100 miliardi di dollari proposto dal segretario generale, Jens Stoltenberg, per mettere al riparo il sostegno all’Ucraina dagli stravolgimenti nel caso di elezione negli Usa di Donald Trump.
La Nato spinge per un programma quinquennale da 100 miliardi di dollari
Se approvato il pacchetto quinquennale di aiuti permetterebbe, nelle intenzioni di Stoltenberg, una maggiore autonomia rispetto alle decisioni politiche dei singoli stati. La proposta arriva mentre negli Usa il presidente Biden fatica a ottenere l’approvazione dal Congresso di un pacchetto di aiuti a Kiev di 60 miliardi di dollari apertamente contestato da Trump. “I ministri degli Esteri discuteranno il modo migliore per organizzare il sostegno della Nato all’Ucraina, per renderlo più potente, prevedibile e duraturo”, ha detto ieri un funzionario della Nato al Financial Times, aggiungendo che l’obiettivo è di chiudere un accordo entro il vertice previsto a luglio a Washington.
Il nuovo piano del Nato sposterebbe il baricentro verso l’Europa, costringendo i paesi del’Unione a farsi carico degli aiuti all’Ucraina indipendentemente dalle scelte prese a Bruxelles. Si tratta, di fatto, dell’ennesima accelerazione all’economia “di guerra” auspicata da diversi leader europei. Affidare alla Nato il ruolo di “coordinare il sostegno militare all’Ucraina” – come ha detto ieri il segretario Stoltenberg – significherebbe sottrarre la questione militare ancora di più alla politica.
L’agenzia di rating Moody’s avvisa: in Italia il 2% di spese militari farebbe schizzare il debito pubblico al 147%
Sul mastodontico progetto di spesa è arrivato però l’avviso di Moody’s che ha sottolineato l’infausto impatto che una decisione del genere potrebbe avere sulle economie dei paesi membri. Per l’agenzia di rating un imponente riarmo dei paesi Nato impatterebbe sugli sforzi per abbattere il debito pubblico. L’agenzia sottolinea come nel caso italiano un eventuale raggiungimento della soglia del 2% per le spese militari farebbe schizzare il rapporto tra debito e Pil al 147% entro il 2030. Moody’s sottolinea nel suo report anche l’inevitabile impatto sociale che l’aumento delle spese militari porterebbe con sé: “dato il fardello che rappresenterebbe un aumento della spesa finanziato esclusivamente a debito, – scrive Moody’s – i governi probabilmente cercheranno di introdurre misure che aumentino le entrate o introdurranno aggiustamenti alla spesa esacerbando il conflitto sociale“. “Queste pressioni – si legge nel documento di Moody’s intitolato ‘Higher defence spending will strain budgets, but is credit positive for companies‘ – probabilmente saranno sentite più acutamente nei Paesi già altamente indebitati come Spagna e Italia. Tuttavia anche la Germania troverà difficoltà nel finanziare una simile spesa indebitandosi, dato il suo tetto al debito sancito dalla Costituzione”.
Diversi analisti e organizzazioni ripetono da mesi che in Italia l’economia di guerra sia una scure sullo stato sociale
Che l’economia di guerra sia una scure sullo stato sociale in Italia lo ripetono da mesi, inascoltati, diversi analisti e organizzazioni. Ogni volta che qualcuno esprime dei dubbi sul pericoloso impatto del riarmo sulla spesa pubblica si sollevano le accuse di collaborazionismo con il nemico, calunniando il pacifismo come è sempre accaduto in tempi di guerra. Che l’economia di guerra sia utile solo ai signori della guerra l’ha ripetuto per una vita intera il fondatore di Emergency Gino Strada. La risposta ogni volta è la stessa: i pacifisti sono solo dei sabotatori. Ora sarà difficile accusare di sabotaggio una delle più importanti agenzie di rating internazionali. I numeri, almeno quelli, non hanno possibilità di mentire.
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