“Sul referendum costituzionale ho dato dei consigli a Giorgia Meloni. Del resto credo di essere un esperto della materia. La Meloni se perde dovrà dimettersi, che voglia o non voglia”. Con la presidente del Consiglio in evidente difficoltà su quella che doveva essere la “madre di tutte le riforme” e invece è già diventata ordinaria amministrazione da cui prendere le distanze, si butta il fuoriclasse di schianto contro il referendum Matteo Renzi, ex presidente del Consiglio che avrebbe dovuto abbandonare la politica e poi è passato dal governo Conte al governo Draghi fino all’alleanza con Calenda, poi a quella con Bonino e ora candidato alle elezioni europee.
Renzi promise di lasciare la politica e invece ci è rimasto con altalenante coerenza sulle sue posizioni
Sulla questione il senatore fiorentino ha fiuto e annusa sornione la tardiva presa di distanze di Meloni braccata, come spesso le accade, dalle sue stesse dichiarazioni trionfanti. Renzi però omette qualche piccolo particolare: in conferenza stampa dopo le dimissioni disse che non “ci sarebbe stata nessuna fuga” ma sarebbe rimasto “militante tra i militanti” nel Partito democratico e alla fine ha fondato un piccolo partito personale, di quelli che disprezzava da segretario del Pd. Renzi promise di lasciare la politica e invece ci è rimasto con altalenante coerenza sulle sue posizioni.
Renzi promise di rispettare l’opinione degli italiani e invece ha costruito la seconda fase della sua carriera politica sugli attacchi a coloro che hanno votato – secondo lui – in modo sbagliato. La lezione che Renzi può impartire a Meloni quindi non è sulle dimissioni da premier, scontate in caso di bocciatura del referendum. Al massimo può insegnare alla premier come perdurare in un cul-de-sac. E di questa lezione il Paese ne farebbe volentieri a meno.
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