L’autorevolezza dell’Italia nel mondo promessa da Giorgia Meloni fin dalla campagna elettorale nei due anni di governo è una chimera che si sgretola ogni volta che l’Italia mette la faccia fuori da Palazzo Chigi.
Il tonfo in Europa era stata l’ultima caduta, con la presidente del Consiglio che per mesi ha indugiato tra Ursula von der Leyen e sovranisti d’ogni solfa per rimanere poi incagliata nell’irrilevanza.
Le Olimpiadi di Parigi sono state l’ultimo puntata di un esecutivo mai all’altezza, provinciale nelle intenzioni e nelle elaborazioni.
Solo in Italia gli esponenti di governo e della maggioranza hanno trasformato una cerimonia in un caso politico. Il vice presidente del Consiglio (nonché ministro di trasporti che quest’estate trasportano poco e male) si è esposto definendola «disgustosa». Nemmeno nell’Ungheria di Orbàn la censura alla cerimonia olimpica è diventata una priorità politica.
La fiumana di offese di ministri e parlamentari della maggioranza verso la pugile Imane Khelif è stata una peculiarità solo italiana e solo russa. La stampa internazionale e il Cio sono rimasti basiti dall’oscurantismo italiano. Una capa di governo che incontra il Comitato olimpico per chiedere delucidazioni sull’organo sessuale di un’atleta è una barzelletta internazionale.
È molto russa anche la battaglia interna per la presidenza della Federazione del nuoto italiana. In corsa ci sono il parlamentare di Forza Italia Paolo Barelli e il meloniano Fabio Rampelli. Immagine nitida dell’occupazione della politica di maggioranza, come negli altri campi.
Voci di corridoio dicono che Meloni si sia proposta come referente affidabile del Cio per calmare le acque. Chissà come se la ridono, quelli.
Buon lunedì.
Olimpiadi 2024, il match fra Khalif e Carini, foto di Chabe01 – Own work, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=151157588