Alla fine ce l’hanno fatta. I ministri delle Finanze del G20 lo scorso luglio hanno trovato un accordo di massima per tassare i super-ricchi. Una proposta che fa tremare i polsi ai Paperon de’ Paperoni di mezzo mondo, ma che rischia di rimanere lettera morta se non si passerà dalle parole ai fatti.
La proposta del G20: tassare i super-ricchi
L’idea, lanciata dal Brasile di Lula, è semplice quanto rivoluzionaria: far pagare il 2% ai patrimoni sopra il miliardo di dollari. Un obolo che riguarderebbe appena 3.000 ricchissimi globali, ma che frutterebbe la bellezza di 250 miliardi di dollari all’anno. Briciole per loro, una manna per le casse pubbliche sempre più a secco.
Ma non illudiamoci: la strada per arrivare a una vera patrimoniale globale è ancora lunga e tortuosa. Gli Stati Uniti, patria dei miliardari per antonomasia, già si difendono: “La politica fiscale è difficile da coordinare a livello globale”, frena la segretaria al Tesoro Usa Janet Yellen. Tradotto dal politichese: non toccateci i nostri ricchi.
Eppure i numeri parlano chiaro. Secondo Oxfam, l’1% più ricco del pianeta ha accumulato negli ultimi dieci anni la bellezza di 42 milioni di milioni di dollari. Avete letto bene: milioni di milioni. Una cifra 34 volte superiore a quella accumulata dal 50% più povero della popolazione mondiale. Come dire, i ricchi nuotano nell’oro, mentre metà del mondo arranca con 335 dollari a testa.
Il dibattito in Italia: un tabù che si sgretola
Ma torniamo all’Italia, dove il dibattito sulla patrimoniale è sempre stato un tabù. Eppure, secondo un sondaggio del Fatto Quotidiano e Oxfam, il 97% degli italiani sarebbe favorevole a un’imposta sui grandi patrimoni. Un plebiscito che fa a pugni con la narrazione dominante secondo cui “le tasse sono un pizzo di Stato”.
La proposta di Oxfam è chiara: tassare i patrimoni netti sopra i 5,4 milioni di euro. Una soglia che escluderebbe il 99,9% dei contribuenti italiani. Niente paura, quindi, per chi ha la casa al mare o i risparmi sotto il materasso. Si parla di super-ricchi, non del ceto medio tanto caro alla retorica politica.
Patrimoniale: perché finora è stata un tabù?
Ma perché finora la patrimoniale è rimasta un tabù in Italia Per il 65% degli intervistati la colpa è dell’”influenza degli individui molto ricchi su governi e opinione pubblica”. Insomma, il solito giro di lobbies e salotti buoni che tiene in ostaggio la politica. Ora qualcosa si muove. Il 74% dei milionari del G20 si dice favorevole a pagare più tasse. Un’operazione di immagine? Forse. Ma intanto il tabù si sta sgretolando.
E in Europa Il Partito dei socialisti europei, a cui aderisce il Pd, chiede che “le grandi aziende, i grandi inquinatori e i super ricchi paghino la loro giusta quota”. Anche la Sinistra europea spinge per “una tassa sui ricchi per finanziare gli investimenti essenziali per la riduzione della povertà e la transizione ecologica”.
Patrimoniale: cosa si può fare con il gettito
Ma come usare il gettito di una eventuale patrimoniale? Secondo il 60% degli italiani intervistati, i soldi dovrebbero andare alla sanità pubblica. Un’idea non peregrina, visto che mancano 70mila infermieri per l’assistenza domiciliare e le liste d’attesa sono sempre più lunghe.
Forse, la patrimoniale non è più un tabù. Certo, la strada è ancora in salita. Come scrive Tommaso Di Tanno su Lavoce.info, “la distanza fra l’aspirazione a una tassazione più equa e la sua concreta realizzazione è, purtroppo, vista da vicino, lontana anni luce”. Proprio Di Tanno – già professore di Diritto tributario e consigliere economico del Ministro delle Finanze e del Presidente della Commissione Industria del Senato – scrive di “mettere in cantiere ciò che da tante parti si reclama: la riduzione della tassazione del reddito, specie se basso, con l’introduzione della tassazione del patrimonio, specie se alto”. Parlarne non è più un tabù.
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