La politica è un esercizio semplice nei suoi fondamentali. Nell’atto di composizione di un governo i voti marcano una linea tra chi accetta le regole di ingaggio e decide di appoggiarne la guida, evidentemente condividendo linee e contenuti. Dall’altra parte ci sono coloro che legittimamente ritengono che la proposta sia irricevibile e decidono quindi di stare all’opposizione in attesa di risultare più convincenti con la loro proposta.
Il governo italiano, rappresentato dalla sua presidente del Consiglio, ha deciso che il programma proposto dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen non meritasse l’appoggio. Il partito di riferimento di Fratelli d’Itala in Europa (Ecr) si è seduto dalla parte dell’opposizione. I Sovranisti europei a cui fa riferimento la Lega di Matteo Salvini (altro partito di governo italiano) ha iniziato la sua opera di mostrificazione dell’Unione europea e di von der Leyen un secondo dopo la chiusura delle urne. Il terzo partito della maggioranza italiana, Forza Italia, con il Ppe invece ha scelto di stare in maggioranza.
L’esercizio semplice della politica ci dice che è piuttosto curioso che la premier che votò contro von der Leyen pretenda per l’Italia un posto di peso nella Commissione a cui si oppone, tanto più per un membro del suo stesso partito, il ministro Fitto. Rifugiarsi dietro la “rilevanza dell’Italia” è un patetico tentativo di deresponsabilizzare le proprie scelte politiche. Un paese è credibile per quanto è credibile il suo governo e per come votano i suoi leader.
Questo stanno facendo notare a Meloni. Solo questo.
Buon giovedì.
Nella foto: Raffaele Fitto, Parlamento europeo, 3 luglio 2019