Ieri sono state raggiunte le 500mila firme richieste per convocare la prossima primavera il referendum di modifica sulla legge di cittadinanza. Il quesito propone di dimezzare la residenza legale (da 10 a 5 anni) necessaria per ottenere la cittadinanza italiana, fermi restando tutti gli altri obblighi di legge come la conoscenza della lingua italiana, il possesso negli ultimi anni di un consistente reddito, l’incensuratezza penale, l’ottemperanza agli obblighi tributari, l’assenza di cause ostative collegate alla sicurezza della Repubblica. Abbiamo trascorso l’estate a veder sbandierare il diritto alla cittadinanza dal leader di Forza Italia Antonio Tajani con gli altri della maggioranza. Un dibattito utile a “passa’ ‘a nuttata” e fingere progressismo in una maggioranza conservatrice.
Abbiamo trascorso gli ultimi anni ad ascoltare i partiti politici di destra ripetere che la questione della cittadinanza non interessa agli italiani (sono circa due milioni e mezzo le persone per cui sarebbe decisivo il referendum). Abbiamo ascoltato i partiti di centrosinistra promettere in campagna elettorale per poi timidamente ritirarsi quando ne avevano l’occasione. Quel mezzo milione di firme indica che il Paese è molto più avanti della politica che lo rappresenta. Non è il Paese descritto da Meloni e Salvini a braccetto con Musk e non è nemmeno il Paese timoroso sospettato dal centrosinistra. La società è molto meno doma di quanto appaia l’opposizione, è molto meno sparsa ed è molto più veloce nella mobilitazione.
L’articolo La lezione degli italiani alla politica sembra essere il primo su LA NOTIZIA.