Il ministro Nordio ha trovato il suo uomo per vigilare sui diritti dei detenuti: Riccardo Turrini Vita, fresco di nomina come Garante nazionale. Un curriculum impeccabile, non c’è che dire. Vent’anni di onorato servizio nei meandri del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, culminati con la vicedirezione del Dipartimento per la giustizia minorile. Chi meglio di lui può conoscere le dinamiche carcerarie?
Certo, qualche malizioso potrebbe far notare che la legge prevede esplicitamente che il Garante non sia un dipendente pubblico. Ma si sa, le leggi in Italia si prestano alle più svariate interpretazioni. E quella data da Nordio è chiara: l’esperienza vale più della forma.
Nuovo garante dei detenuti, la legge è un’opinione: quando l’esperienza batte i requisiti
Il Partito Democratico parla di “palese incompatibilità” e di “nomina fuorilegge”. Magistratura Democratica solleva timidamente una “delicata questione di rispetto della legge”. Come se in Italia il rispetto della legge fosse mai stato un criterio per le nomine di alto livello.
L’Unione Camere Penali, con un tocco di ironia involontaria, ricorda che l’ufficio del Garante è ospitato proprio all’interno del Dap. Un dettaglio che rende la nomina ancora più appropriata: almeno il designato non dovrà chiedere indicazioni per trovare l’ufficio.
Nel frattempo, le carceri italiane continuano a essere un modello di efficienza. Il sovraffollamento in alcune strutture supera solo del 260% la capienza prevista. I suicidi tra i detenuti sono una costante rassicurante. E gli istituti minorili, grazie al “decreto Caivano”, hanno visto un aumento di presenze del 49%. Numeri che fanno dormire sonni tranquilli.
In questo contesto idilliaco, l’indipendenza e la terzietà del Garante sono ovviamente superflue. Perché mai dovremmo volere un occhio esterno e critico quando possiamo avere qualcuno che conosce il sistema dall’interno? Nordio deve aver pensato che distinguere tra il suo ruolo passato e quello futuro non è un problema e che cambiare prospettiva dopo decenni è un gioco da ragazzi.
Da guardiano alla ‘difesa’ dei detenuti
Il viceministro Sisto assicura che Turrini Vita ha “tutti i requisiti, le competenze e le capacità” per il ruolo. Non c’è motivo di diffidare del suo giudizio. Ma resta il fatto che la nomina voluta dal ministro riporta in auge una vecchia tradizione italiana: affidare il controllo a chi dovrebbe essere controllato. Una tradizione che in passato e in più di un’occasione non ha certo brillato per risultati.
Di certo, il nuovo Garante si troverà ad affrontare sfide non indifferenti. Dovrà vigilare su un sistema carcerario in cui il sovraffollamento è la norma, i suicidi sono quasi all’ordine del giorno e le condizioni di vita dei detenuti sono spesso al limite dell’umano.
Resta solo da capire se questa nomina porterà a quel cambiamento radicale di cui il sistema carcerario italiano ha disperatamente bisogno. E se chi di quel sistema ha fatto parte per molti anni si dimostrerà la persona giusta per farlo. Staremo a vedere.
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