Ripercorrete per un istante le promesse ascoltate negli ultimi anni sull’abbattimento della CO2. È il nuovo comandamento laico, declamato in ogni campagna elettorale, ripetuto da ogni governo, a ogni tavolo internazionale. Ci hanno garantito che avrebbero ridotto la CO2 e, naturalmente, che lo avrebbero fatto in fretta. Tutti, persino coloro che negano il cambiamento climatico, sussurrano ora che, in fondo, un’aria più pulita non potrebbe far poi così male.
Ieri, però, l’Organizzazione meteorologica mondiale delle Nazioni Unite ha consegnato una realtà ben diversa: nel 2023 la concentrazione di CO2 ha raggiunto il record di 420 parti per milione, il 151% dei livelli pre-industriali. L’ultima volta che la Terra ha registrato simili concentrazioni, parliamo di 3-5 milioni di anni fa, la temperatura globale era di 2-3°C più alta e i mari si innalzavano di 10-20 metri.
Possiamo affermare con certezza che, mentre i governi insistono sul loro impegno a ridurre i gas serra – come la CO2, principale responsabile del riscaldamento globale – i fatti ci raccontano una direzione opposta. Non si tratta di qualche ritardo nei risultati o di una situazione peggiore del previsto: siamo sull’esatto percorso inverso rispetto alle promesse fatte.
Ora, impiegate questi ultimi secondi per valutare la credibilità di quelle promesse e, soprattutto, di chi continua a farle, senza mai cambiar strada.
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