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Migranti in Albania: la politica dell’istinto contro il diritto

Il primo aspetto – quello che segna una line netta tra chi fa politica con le persone e chi fa politica con gli istinti – è la disumanità. Sette persone sono state impacchettate su una nave militare, spedite in Albania, riportate a Brindisi nella notte, scelte nel mazzo degli arrivi sulle coste europee. Alla faccia del diritto, dell’obbligo (e l’istinto di accoglienza). Sarebbe bene ricordare che la prima vergogna è questa.

Poi c’è l’aspetto economico. Una nave militare e il suo equipaggio usati come giostra, centri costruiti in fretta e furia zeppi di militari italiani, gli alloggi. Una mastodontica e macchinosa scenografia per inscenare un pugno che vorrebbe essere di ferro e invece è di burro. Chissà se la Corte dei conti avrà qualcosa da dire. 

C’è l’aspetto politico, il fallimento di chi dimostra a tutto il mondo di non sapere governare e quindi vorrebbe comandare. Peccato per loro (e fortuna per noi) che le leggi nazionali e internazionali abbiano previsto la rabbiosa inettitudine e abbiano imparato dalla storia come contenerla. 

Infine ci sono le istituzioni. Le deportazioni in Albania non sono più una questione italiana. Ieri anche il tribunale di Roma, dopo quello di Bologna e di Catania, ha rinviato tutto alla Corte di giustizia europea. Ora avremo l’occasione di comprendere quanto Von der Leyen sia disposta a rinnegare se stessa per accontentare Meloni e il gruppo Ecr.

Intanto qui c’è la più violenta e degradante farsa politica a cui abbiamo  assistito negli ultimi anni.

Buon martedì. 

L’articolo proviene da Left.it qui

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